La distrofia muscolare di Duchenne è la forma più frequente di distrofia i cui sintomi si manifestano nella prima infanzia.
La distrofia muscolare di Duchenne, detta anche distrofia muscolare generalizzata dell’infanzia, è la più conosciuta tra le distrofie muscolari dell’infanzia. Ha un decorso relativamente rapido e attivo. L’incidenza varia da 13 a 33 /100.000 casi.
La distrofia muscolare di Duchenne è una malattia genetica, talvolta a carattere ereditario, causata dall’assenza di una proteina, la distrofina, che porta alla perdita progressiva della forza muscolare e delle abilità motorie. A essere colpiti dalla malattia sono i soggetti di sesso maschile (1/3500), mentre la donna può essere portatrice sana di distrofia muscolare di Duchenne, tranne in rari casi in cui si manifesta in forma lieve. Secondo le stime, in Italia 5000 persone sono affette dalla distrofia muscolare di Duchenne.
Di solito la distrofia muscolare di Duchenne è riconosciuta al terzo anno di vita, ma almeno la metà dei pazienti presenta i sintomi della malattia prima che inizi la deambulazione. Ecco i primi segni:
I primi muscoli ad essere colpiti sono il quadricipite, l’ileopsoas e i glutei. Invece i muscoli del cingolo scapolare e degli arti superiori sono colpiti successivamente. L’ingrossamento dei polpacci e di altri muscoli è progressivo, ma alla fine la maggior parte dei muscoli tende a perdere volume. Gli arti sono di solito ipotonici e flaccidi, ma con il progredire della distrofia muscolare di Duchenne compaiono contratture conseguenti al mantenimento degli arti nella stessa posizione e al mancato bilanciamento fra agonisti ed antagonisti.
Inoltre i riflessi tendinei prima diminuiscono e poi scompaiono in contemporanea alla perdita delle fibre muscolari, gli ultimi a scomparire sono i riflessi achillei. Le ossa divengono sottili e demineralizzate. I muscoli lisci sono risparmiati, mentre il cuore è colpito e possono apparire vari tipi di aritmia. Solitamente la morte è dovuta a insufficienza respiratoria, infezioni polmonari o scompenso cardiaco. In casi molto rari si osserva un ritardo mentale non progressivo.
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In questa patologia si osserva una forte predisposizione familiare. Poiché la patologia è trasmessa come tratto recessivo legato al Cromosoma X, si manifesta prevalentemente nei maschi. Nel 30% dei pazienti in cui vi è un’anamnesi familiare negativa si ritiene che la causa sia da riconoscersi in una mutazione spontanea del cromosoma. Occasionalmente, si osserva una forma di distrofia muscolare di Duchenne prossimale nelle ragazze.
Nella Duchenne, il difetto è localizzato sul Cromosoma X. Per questo motivo, solo i maschi possono essere colpiti da tali forme, mentre le femmine generalmente non hanno sintomi. Nonostante questo, le donne possono essere portatrici sane della malattia avendo una possibilità su due di trasmetterla ad un eventuale figlio. Solo in rari casi le femmine manifestano forme lievi, per inattivazione casuali del secondo cromosoma X: in queste situazioni si parla di manifesting carriers (portatrici manifeste).
L’alterazione del Cromosoma X determina la mancata produzione della distrofina, una proteina fondamentale a livello muscolare. Nel muscolo è localizzata sul versante citoplasmatico del sarcolemma, dove interagisce con la f-actina del citoscheletro (struttura filamentosa di rinforzo della cellula muscolare).
Inoltre è strettamente legata ad un complesso di proteine del sarcolemma conosciute come proteine legate alla distrofina DAPs e glicoproteine legate alla distrofina DAGs. La mancanza della distrofina conduce ad una perdita delle DAPs e alla rottura del complesso proteina-distroglicano. Questa rottura rende il sarcolemma suscettibile alla lacerazione durante la contrazione muscolare.
La malattia si manifesta intorno ai tre anni, quando il bambino comincia a manifestare difficoltà a saltare, correre, salire le scale e alzarsi da terra. Tale condizione è una patologia progressiva che porta a perdere l’uso degli arti inferiori verso l’adolescenza e di quelli superiori intorno alla prima età adulta. Insorgono anche difficoltà respiratorie che rendono necessario il ricorso alla ventilazione meccanica e complicazioni cardiache.
Proprio queste complicanze riducono notevolmente le aspettative di vita. Infatti, circa un 30% dei pazienti presenta un deficit cognitivo che però rimane stabile oppure possono essere presenti difficoltà di apprendimento e problemi di linguaggio.
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Negli stadi precoci le caratteristiche principali sono la degenerazione segmentale, la fagocitosi di singole fibre o gruppi di esse, la rigenerazione promossa dalla necrosi. Con il progredire della distrofia muscolare di Duchenne, si osservano modificazioni comuni a tutti i tipi di distrofia muscolare: perdita di fibre muscolari, fibre residue di maggiore o minore diametro rispetto al normale e disposte casualmente, aumento degli adipociti e fibrosi.
Si nota, inoltre, uno stato di ipertrofia, che è un risultato dell’ingrossamento delle fibre sane rispetto alle fibre adiacenti inutilizzate. In un secondo tempo, la vera ipertrofia viene sostituita da una pseudoipertrofia, dovuta alla sostituzione delle fibre degenerate con tessuto adiposo.
Alla fine, nella distrofia muscolare di Duchenne, le fibre muscolari degenerano e scompaiono, forse a causa dell’estinguersi della capacità di rigenerazione dopo ripetuti insulti. In questo ultimo stadio rimangono solo poche fibre muscolari sparse, perse in un mare di tessuto adiposo.
Al di sotto dei tre anni, di solito, si perviene alla diagnosi dopo il riscontro casuale dell’aumento di creatinchinasi (cpk) nel sangue. Mentre nei bambini intorno ai tre anni sono i genitori a riferire le difficoltà motorie. La diagnosi della distrofia muscolare di Duchenne, in ogni caso, è basata sulla biopsia su un frammento di muscolo e sull’analisi genetica di routine.
La diagnosi prenatale, indicata nel caso ci siano precedenti familiari, è possibile tramite amniocentesi e villocentesi, anche se circa un terzo dei casi è causato da nuove mutazioni genetiche. In aggiunta può essere rilevata con circa il 95% di precisione da studi genetici effettuati durante la gravidanza.
Recentemente invece è stato reso necessario inserire tale patologia nell’insieme delle malattie da sondare con l’aiuto dello Screening Neonatale, misura medica preventiva che sta avendo dei successi molto importanti, soprattutto nel campo della SMA.
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Al momento non esiste una terapia risolutiva, ma i progressi delle cure cosiddette palliative hanno permesso di allungare le aspettative di vita delle persone con distrofia muscolare di Duchenne, anche oltre i trent’anni.
Attraverso l’assunzione di steroidi è possibile migliorare le abilità motorie e ridurre la sensazione di affaticamento, mentre la cardiopatia può essere curata, nei primi tempi, attraverso la somministrazione di farmaci specifici. Di recente è stata scoperta l’esistenza, da parte di un’equipe di ricercatori, di due “interruttori” in grado di intervenire sulle capacità delle cellule staminali di rigenerare il muscolo.
La qualità di vita dei pazienti può notevolmente migliorare attraverso un approccio terapeutico multidisciplinare che veda l’intervento di più figure professionali che gestiscano i vasi aspetti della malattia (motorio, respiratorio e cardiaco), a partire dal fisioterapista.
Inoltre, verso la fine del 2019, è arrivata una bella notizia per la lotta alla Distrofia muscolare di Duchenne. Una ricerca del Laboratorio Cellule Staminali del Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano, infatti, ha evidenziato che l’inibizione di un recettore aiuterebbe la rigenerazione muscolare nei pazienti con Distrofia di Duchenne. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato che tale risultato si otterrebbe grazie all’inibizione del recettore IGFR2, finora sperimentato solo sugli animali.
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Ultima modifica: 14/10/2021