La malattia di Huntington prende il nome da George Huntington, il medico statunitense che per primo l’ha descritta nel 1872 raggruppandola tra i disordini di tipo ereditario. In origine era identificata semplicemente con il nome di “corea” per i tipici movimenti a scatti danzanti.
La Corea di Huntington infatti è causata da una mutazione a carico di una delle due copie (alleli) del gene che codifica per una proteina specifica, la huntingtina, le cui funzioni non sono ancora chiare ma che comunque è molto importante per lo sviluppo dell’embrione e dell’encefalo. La malattia si trasmette con modalità autosomica dominante, ovvero un genitore affetto ha una probabilità del 50% di trasmetterla ai figli, indipendentemente dal sesso. Per essere precisi, ciò che viene trasmesso di genitore in figlio è la mutazione a carico del gene IT-15 localizzato sul cromosoma 4. Ogni individuo che eredita il gene mutato svilupperà la malattia più o meno precocemente.
La forma mutata dell’huntingtina (la mHtt) aumenta la morte di alcuni tipi di neuroni la cui quantità e importanza varia a seconda della regione del cervello, determinando un’alterazione ed un quadro clinico più o meno gravi.
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Con il progredire della malattia possono presentarsi difficoltà nel concentrarsi e nel ricordare, alterazioni dell’equilibrio con una regressione progressiva delle capacità di deglutire, parlare e camminare. Nelle fasi più avanzate della patologia i pazienti possono necessitare di aiuto anche nelle semplici attività di vita quotidiana, come lavarsi o alimentarsi in maniera autonoma.
La speranza di vita in un malato è in genere di circa 20 anni dopo che si sono resi visibili i primi sintomi ed il più delle volte la morte sopraggiunge in seguito a complicanze come un attacco cardiaco o uno shock.
Il test genetico in grado di diagnosticare la malattia di Huntington è disponibile dall’anno in cui venne scoperto il gene coinvolto nella genesi della malattia, il 1993. Attraverso un semplice prelievo di sangue infatti, è possibile individuare, in un individuo in cui vi sia il sospetto di malattia, eventuali mutazioni a carico del gene IT-15. Poiché il test coinvolge l’intero nucleo familiare e non il singolo soggetto, è importante rivolgersi ad un medico esperto prima di decidere di intraprendere un’indagine di qualsiasi tipo.
Si può ricorrere inoltre, in supporto al test genetico, alla diagnostica per immagini (TAC, risonanza).
Tra i farmaci impiegati si riconoscono i neurolettici, gli antagonisti della dopamina per controllare i movimenti coreici e nelle forma giovanili in cui sia presente rigidità muscolare o articolare, i farmaci antiparkinson.
Fino ad ora la ricerca scientifica di un trattamento per la malattia di Huntington si è incentrata sullo studio e l’identificazione della differenza di azione e interazione tra la proteina HTT e la sua forma alterata, la mHtt (o huntingtina) e su come la malattia interferisca sul funzionamento del cervello.
Tra gli approcci generali studiati alla ricerca di rallentare la progressione della malattia ve ne sono tre in particolare: ridurre la produzione della proteina mutata, migliorare la capacità delle cellule di sopravvivere alla sua azione nociva e sostituire i neuroni persi.
Ultima modifica: 08/03/2020