Un nuovo studio cinese sul Coronavirus avrebbe scoperto che tutti i pazienti guariti da SARS-CoV-2 svilupperebbero anticorpi atti a proteggere il sistema immunitario da una seconda infezione. Non è proprio così.
Nella giornata di ieri, l’autorevole rivista scientifica Nature Medicine ha pubblicato una ricerca sul nuovo virus condotta da diversi esperti che lavorano in Cina, in tre diverse strutture della Chongqing Medical University (Chongqing Three Gorges Central Hospital, Youngchuan Hospital e Chongqing Public Health Medical Center), una zona vicino alla provincia di Hubei, il punto di partenza della pandemia.
Sostanzialmente, i ricercatori hanno scoperto che “entro 19 giorni dall’esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all’immunoglobulina G (IgG) antivirale”. Inoltre, si è verificata “contemporaneamente o in sequenza” una “sieroconversione per IgG e IgM (immunoglobulina M)”.
Cosa significa? Per sieroconversione si intende il processo secondo cui un soggetto passa dallo stato di sieronegatività (assenza di anticorpi nel plasma sanguigno) a sieropositività (presenza degli anticorpi).
Inoltre, gli IgM sono anticorpi che si attivano quando l’organismo entra in contatto con una nuova infezione o una sostanza esterna, ed è una protezione breve. Invece, gli IgG sono anticorpi che lavorano sul lungo periodo, e quindi potrebbero prevenire una nuova infezione da SARS-CoV-2. Sarà veramente così?
Coronavirus, si avrà l’immunità? No
Essenzialmente, lo studio non sottolinea che i guariti da nuovo Coronavirus sviluppino anticorpi atti a proteggerci, sempre e comunque, da una seconda infezione.
Gli esperti scrivono che “la percentuale di pazienti con IgG positivo per virus hanno raggiunto il 100% circa 17-19 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi”, in “livelli diversi” ai quali “non corrispondono particolari caratteristiche cliniche dei pazienti”. Invece, per quanto riguarda l’IgM, “ha raggiunto un picco del 94,1% circa 20-22 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi”.
Perciò, sui pazienti studiati (solo 285), è stato notato che “durante le prime 3 settimane dopo l’insorgenza dei sintomi, ci sono stati aumenti degli anticorpi IgG e IgM specifici del virus”. Ciò non dimostra, però, che sono gli anticorpi perfetti a proteggerci dal ritorno dell’infezione da nuovo Coronavirus.
In poche parole, lo studio non specifica che un individuo con sistema immunitario sano, dopo essersi ammalato e guarito, sviluppa anticorpi IgG e IgM che lo proteggono totalmente da una seconda infezione, così da ottenere l’immunità. Bensì “evidenzia l’importanza dei test sierologici per ottenere stime più accurate dell’entità della pandemia da COVID-19″.
Cioè, è un tassello molto importante per comprendere ancora di più come possiamo difenderci dal nuovo Coronavirus, ma non è la risposta definitiva.
Lo stesso report, inoltre, specifica che ci sono forti limitazioni ai propri risultati. Ad esempio, non hanno testato “campioni per la neutralizzazione dei virus e quindi le attività di neutralizzazione degli anticorpi IgG non sono note”. Inoltre, “a causa delle piccole dimensioni del campione di pazienti in condizioni gravi e critiche (39, ndr), è difficile determinare l’associazione tra risposta anticorporale e decorso clinico”.
Coronavirus, Burioni: “Nessuna garanzia di immunità
Un’ulteriore conferma ci viene data da Roberto Burioni, il primo a lanciare la notizia su Twitter. Il virologo, infatti, ha spiegato a Open che questo studio non conferma l’immunità a una seconda infezione da Coronavirus, in quanto “la situazione è diversa da virus a virus”. Sicuramente, però, è un passo in avanti molto importante, soprattutto in vista della Fase 2.