Il viaggio alla ricerca della nuova routine dei disabili durante il Coronavirus in Italia continua. Dopo aver conosciuto Francesca da Sassari e Francesco da Mestre, oggi parliamo con Antonino Savino da Roma, fondatore de IlMareDiverso Onlus e papà di 54 anni con tetraplegia incompleta per Mielo-ischemia midollare C3/C4, con vescica ed intestino neurologico, diplopia visiva ed enfisema polmonare. Costretto a passare la quotidianità in casa, nel suo caso però anche lontano da suo figlio.
Come abbiamo visto nei giorni scorsi, ci sono numerosi Dpcm che intensificano le regole per restare a casa e, così, diminuire e contenere il contagio da Coronavirus. In questa nuova situazione normativa, anche le persone disabili stanno seguendo ogni giorno le ultime notizie a loro indirizzate. Ad esempio, il decreto legge Cura Italia influisce positivamente anche sull’assistenza economica per i disabili. Ma com’è cambiata la vita da quanto siamo in questa nuova routine? Lo abbiamo chiesto anche ad Antonino.
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Com’è cambiata la tua quotidianità a seguito dei Dpcm riguardanti il Coronavirus in Italia?
“Il cambiamento quotidiano che provo in questo periodo è sinceramente dolore. Invece, le limitazioni nelle uscite non provocano variazioni nelle mie abitudini dato che sono contabili in una sola mano per l’anno passato”.
Prima dell’emanazione dei vari decreti, seguivi dei corsi di fisioterapia specifici o avevi diritto all’assistenza domiciliare? E se sì, con le nuove misure, com’è cambiata la situazione? Sei tutelato in merito?
“Logicamente, i monitoraggi che avrei dovuto effettuare in ospedale per limitare i danni dovuti alle mie costanti e continue infezioni sono rimaste in sospeso. L’assistenza domiciliare programmata e autorizzata nel 2019 è stata ‘congelata’ per non essere riusciti ad effettuare l’ultima visita con gli assistenti sociali. Ho ottenuto da circa 60 giorni la fisioterapia domiciliare con il massimo raggiungibile (tutti i giorni un’ora di riabilitazione) per evitare atrofie che limiterebbero i miei minimi spostamenti. Nello scorso anno ho percepito un contributo caregiver mensile di 700 euro dal Comune di Roma, ma l’erogazione è stata sospesa a gennaio, anche se avente diritto. La burocrazia è più rallentata di me che sono fermo. L’emergenza attuale avrà ripercussioni anche su questo, e ho dovuto rinunciare a un’assistenza privata di cui usufruisco”.
Tu sei un papà, hai una famiglia, una moglie, un figlio. Come stai gestendo questo tempo con loro?
“Mia moglie, Cristiana, dalla scorsa settimana non si è recata a lavoro a causa di sintomi influenzali. Lavorando in un centro analisi, non può logicamente frequentare, sia per tutelare la clientela che me. Mio figlio piccolo di 12 anni da 2 settimane è ospite a casa dei mei consuoceri, dove passa anche le vacanze estive. Sono le persone più gentili, disponibili e umane che abbia mai conosciuto nella mia via, anche se la lontananza mi crea una sofferenza infinita”.
Pensi che l’Italia riuscirà a riprendersi da questa situazione? Sei fiducioso?
“Siamo una popolazione molto divisa. Spero che tutto ciò ci faccia riflettere sui veri valori umani, sull’unione e sulla solidarietà che sarebbero fondamentali per una limitazione del contagio. Ma in molti pensano tutt’ora al singolo individuo, al proprio interesse, a sfruttare la situazione. Oggi ancora di più necessitiamo di aiutarci l’uno con l’altro, anche con piccoli gesti. Non bisogna cercare un colpevole o la persona che si comporta peggio. Accontentarsi di questa situazione è un vero problema. I ‘Basta che non tocca a me’ non comprendono che, in ogni caso, ci toccherà a tutti nei modi più svariati. L’epidemia farà crollare il sistema economico e in molti saranno costretti a seri cambiamenti. Anche io, con il protrarsi della situazione, ne avrò di conseguenze. Sicuramente passerà anche questo, ci vorrà tempo e sacrificio, rispetto delle regole, del prossimo e di se stessi”.
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