Come cambieranno i trasporti pubblici in Italia durante il Coronavirus? Partiamo da uno studio condotto in Cina per capire cosa possiamo prevedere.
Il distanziamento tra le persone sarà una misura nevralgica della Fase 2 e della Fase 3 del Coronavirus. Insomma, difficilmente torneranno presto gli assembramenti nei luoghi pubblici. Non ci dovrà essere nessuna eccezione, anche per quanto riguarda i trasporti pubblici.
Come sappiamo, però, in alcune regioni italiane, il trasporto pubblico è notoriamente congestionato, e sono numerose le notizie che spesso ci raccontavano di folle schiacciate all’interno dei vagoni di un treno. Con la fine dell’emergenza Coronavirus, però, questo non dovrà essere più permesso.
Quindi, cosa succederà ai trasporti pubblici italiani una volta che inizieranno le Fasi 2 e 3 del Coronavirus?
Il Coronavirus cambierà profondamente il nostro modo di essere consumatori. Già da qualche giorno, l’economia mondiale sta valutando i primi impatti della SARS-CoV-2, e ciò si riverserà anche sui servizi di necessità quotidiana, come il trasporto pubblico.
Secondo uno studio di Ipsos Group dedicato alla mobilità in Cina ‘dopo Coronavirus’, la situazione è notevolmente cambiata.
L’uso dell’auto privata è passato dal 34% al 66%. Percentuali che, probabilmente, sono state tolte proprio ad autobus, bus e metro, che da essere prima soluzione di mobilità (56%) passano in terza posizione, e anche bruscamente (24%). Invariati, invece, i valori per l’uso delle due ruote (45%).
Flessione quasi a metà per taxi (da 21% a 15%) e servizi di car hailing (da 21% a 12%). Invece, per l’affitto delle macchine e il car sharing, è stato riscontrato un deciso aumento: dal 3% al 5%.
Insomma, in base a questa ricerca possiamo ipotizzare che il Coronavirus in Italia produrrà cambiamenti significativi anche nella mobilità pubblica. Per questo motivo, le aziende incaricate alla gestione di autobus e metro dovranno trovare soluzioni adeguate per far sì che il trasporto pubblico non diventi un luogo favorevole per contrarre il virus.
A Roma, ad esempio, Atac e il Campidoglio stanno ipotizzando alcune soluzioni, come l’obbligo della mascherina a bordo dei mezzi pubblici, un contapersone su almeno 500 bus o un app per prenotarsi il posto. Inoltre, si ragiona a un numero chiuso da far salire sui trasporti pubblici (tanti quanti i posti presenti sul mezzo).
La stessa sindaca Virginia Raggi, in un’intervista a Radio Cusano Campus, ha confermato ciò: “stiamo programmando dei contapasseggeri e lavorando con Atac a un accordo con le compagnie telefoniche per capire come controllare il traffico per potenziare alcune linee. Probabilmente non ci sarà più la possibilità di stare in piedi: tutti seduti e indossando la mascherina”. Inoltre, “lavoriamo per privilegiare il trasporto in bicicletta o mezzi dolci come il monopattino”.
Anche a Milano stanno ponderando soluzioni molto simili. Secondo il piano “New Start”, infatti, si pensa al numero chiuso per chi sale su autobus e metro, obbligo di mascherina, distanziamento fisico e installazione dei dispenser di igienizzanti alle fermate.
Sostanzialmente sono idee che prendono esempio da quanto l’ATVO sta facendo in Veneto. Come si legge sul loro sito, infatti, l’azienda dei trasporti regionali veneta ha dato applicazione all’ordinanza 39/2020, secondo cui dal 7 aprile 2020 “è fatto obbligo a tutti i passeggeri e personale di bordo di indossare mascherine e guanti, verificando la copertura di naso e bocca”.
Ultima modifica: 20/04/2020