Il nostro organismo produce degli speciali linfociti in grado di combattere l'infezione da citomegalovirus: lo afferma una recente ricerca
Il nostro sistema immunitario potrebbe essere in grado di sconfiggere l’infezione da citomegalovirus (e forse anche quella da Covid-19). La scoperta è stata fatta da uno studio sostenuto dall’AIRC e condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dall’Università di Genova e dalla University of Melbourne.
In base alla ricerca pubblicata su Science Immunology, la cura contro il citomegalovirus risiederebbe nel nostro sistema immunitario, in particolare nei linfociti T killer, i quali avrebbero acquisito degli speciali sensori in grado di individuare e uccidere le cellule infettate dal virus.
Generalmente i linfociti T killer possiedono il sensore TCR (T-cell receptor) che riconosce le proteine estranee al nostro organismo, così da poterle combattere. Tuttavia non si tratta dell’unico recettore presente in questi linfociti, ma ce ne sono altri uguali alle cellule Natural Killer (NK), dei veri e propri sensori aggiuntivi che – in base a quanto afferma lo studio – intercettano ed eliminano le cellule infettate dal citomegalovirus.
La scoperta fatta dai ricercatori è significativa per svariati motivi. Il citomegalovirus è noto per mimetizzarsi all’interno del nostro organismo, in modo tale da eludere facilmente le nostre difese e restare latente per molto tempo. Con questi speciali recettori, invece, i linfociti T killer sarebbero capaci di individuare e riconoscere la struttura proteica del virus, così da eliminare facilmente l’infezione.
Tutto ciò apre le porte a nuove possibili applicazioni terapeutiche, soprattutto nelle persone immunodepresse, per l’immunoterapia dei tumori e persino per la battaglia contro il Covid (poiché si tratta di un’infezione virale).
Come spiega la professoressa Gabriella Pietra dell’Università di Genova, “il nostro organismo ha fornito un esempio ulteriore della strategia messa in atto dal nostro sistema immunitario per non soccombere ai virus ed eludere i loro inganni”. Per combattere il citomegalovirus “sfrutta queste truppe speciali di linfociti T killer” che “non potendo contare sul riconoscimento del citomegalovirus tramite il TCR […] si sono dotati di armi – i recettori – proprie delle cellule NK, garantendo comunque una difesa efficace, anche in collaborazione con le cellule Natural Killer”.
il professor Lorenzo Moretta, responsabile dell’Area di Ricerca di Immunologia del Bambino Gesù, ha inoltre aggiunto che ci potrebbe essere “un utilizzo ‘preventivo’ per evitare la riattivazione del citomegalovirus che avviene in circa il 30% dei casi di pazienti immunodepressi, ad esempio in seguito a trapianto di midollo per la cura di gravi leucemie. Va poi detto che questa ‘terapia cellulare’ potrà essere utilizzata in combinazione con altre terapie, ad esempio l’immunoterapia con inibitori di checkpoints, aumentandone l’efficacia”.
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Il citomegalovirus è uno dei virus più comuni ed è noto per la sua capacità di nascondersi e mimetizzarsi all’interno del nostro corpo. In genere si riattiva appena la persona infettata è in una fase di stress oppure il proprio sistema immunitario è in difficoltà. Fa parte degli human virus, come quello della varicella, del Fuoco di Sant’Antonio e dell’Epstein-Barr.
La trasmissione del virus avviene da persona a persona attraverso lo scambio di fluidi (sangue, salive, urina, lacrime, liquido seminale, secrezione vaginale e latte), le trasfusioni di sangue e con trapianti di midollo o di organi. Sono state individuate anche infezioni prenatali (durante la gravidanza), perinatali (durante il parto) e postnatali (durante l’allattamento). A oggi non esiste una cura o un vaccino contro il citomegalovirus, bensì trattamenti a base di antivirali.
Ultima modifica: 27/07/2021