La Sindrome di Ondine, detta anche Sindrome da ipoventilazione centrale congenita o CCHS (abbreviazione di Congenital Central Hypoventilation Syndrome) è una malattia genetica rara che colpisce circa una persona su 200.000 e che coinvolge il sistema nervoso autonomo, fondamentale per il controllo di funzioni vitali come la respirazione.
Ciò che distingue la Sindrome di Ondine da altre malattie genetiche è un’alterazione a carico del sistema nervoso autonomo che ha come conseguenza principale un difetto nel controllo della respirazione (regolata proprio dal SNA) e che risulta quindi, in particolare nelle ore notturne, alterata o assente. Per questo motivo le persone affette da CCHS, per sopravvivere, necessitano di sistemi che aiutino il normale processo di respirazione come i dispositivi di ventilazione meccanica.
La Sindrome di Ondine si manifesta in genere sin dalla nascita o comunque nei primi giorni di vita. Esiste però una forma tardiva, che può evidenziarsi anche dopo l’anno di vita, definita “late-onset“.
L’acronimo CCHS ha sostituito una vecchia definizione, coniata nel 1962, di questa condizione, che al tempo veniva descritta come la Sindrome o la Maledizione di Ondine.
Nella maggior parte dei casi (superiore al 90%) la Sindrome di Ondine è dovuta ad una mutazione a carico del gene PHOX2B, situato sul cromosoma 4. Infatti, tutte le mutazioni che coinvolgono questo gene determinano un alterazione più o meno grave del controllo della respirazione nel sonno.
Per la diagnosi della Sindrome di Ondine è disponibile un test genetico che, già dai primi mesi di gravidanza, consente di capire lo stato del nascituro. A questa indagine dovrebbero sottoporsi tutte le donne gravide con precedenti di CCHS in famiglia o di ipoventilazione persistente durante il sonno in assenza di altre condizioni patologiche che la giustifichino (malattie polmonari o cardiache, ad esempio).
Sebbene la sintomatologia d’esordio della CCHS sia piuttosto variabile potendo coinvolgere non soltanto l’apparato respiratorio, ma anche quello gastroenterico, cardiaco e nervoso, la mancata capacità di mantenere una normale e corretta ventilazione autonoma durante il sonno è la caratteristica principale della condizione, comune a tutti coloro che ne soffrono.
Alla base dell’alterato meccanismo di respirazione sta una consistente riduzione della quantità di aria circolante nei polmoni durante il sonno che comporta stati di ipossia più o meno gravi fino all’arresto respiratorio completo, con conseguenze importanti anche a livello cerebrale. Ciò significa che i meccanismi di controllo della respirazione di chi è affetto dalla Sindrome di Ondine non sono in grado di rispondere in modo adeguato, durante il sonno, ad un abbassamento della concentrazione di ossigeno a livello ematico (ipossiemia) o, viceversa, ad un aumento dei livelli di anidride carbonica (ipercapnia). Ciò di cui stiamo parlando non è altro che quell’insieme di correzioni respiratorie automatiche che il nostro sistema nervoso autonomo, qualora le concentrazioni di ossigeno ed anidride carbonica nel nostro circolo non siano più in equilibrio tra loro, mette in atto.
Nelle forme più gravi i sintomi respiratori possono presentarsi anche durante le ore di veglia.
All’ipoventilazione, il cui grado varia di caso in caso, possono associarsi altre condizioni accomunate da un alterato funzionamento del SNA come il Megacolon congenito agangliare o morbo di Hirschsprung, il Neuroblastoma, alterazioni che coinvolgono pressione arteriosa e frequenza cardiaca o disturbi della motilità esofagea.
Altri sintomi associati possono essere apnee, convulsioni, difficoltà nella digestione e strabismo.
Per questa rara malattia genetica, diagnosticata per la prima volta solo negli anni ’70, non esiste ad oggi una terapia che in grado di risolverla definitivamente. I dispositivi medici di ventilazione come il ventilatore meccanico, la maschera bi-pap ed il pacemaker interno, sono gli unici in grado di assistere la respirazione di questi pazienti durante le ore notturne.
Ad ogni modo, la ricerca scientifica non si ferma e procede alla ricerca di un approccio farmacologico in grado di migliorare, se non di risolvere, le performance respiratorie delle persone con CCHS.
Una leggenda nota con il nome di “Sonno dell’Ondina” narra infatti di una ninfa acquatica, Ondina appunto, bella ed immortale, che un giorno si innamorò di un bel cavaliere, con il quale di lì a poco si sposò.
Secondo la tradizione le ninfe, una volta dato alla luce un figlio, avrebbero perso la propria immortalità. Così accadde ad Ondina che, trascorso un anno dal giorno in cui il suo amato Lawrence le promise amore e fedeltà eterni, mise alla luce il suo primogenito, iniziando così ad invecchiare. Ma quando un giorno scoprì l’infedeltà di suo marito si vendicò duramente, scagliando contro di lui una maledizione:
“Tu mi hai giurato fedeltà con ogni tuo respiro, ed io ho accettato il tuo voto. Così sia. Finché sarai sveglio, potrai avere il tuo respiro, ma dovessi mai cadere addormentato, allora esso ti sarà tolto e tu morirai!”
Scarica il fascicolo informativo sulla Sindrome di Ondine messo a disposizione da AISICC sul proprio sito.
Ultima modifica: 08/03/2020