Le categorie protette, cioè i lavoratori difesi dalla Legge 68/99, avranno una difficoltosa e complessa ripartenza dopo la pandemia da Covid-19. E forse non è un caso che, qualche giorno fa, in occasione della presentazione del Dpcm Natale, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia sottolineato quanto le persone con disabilità stiano sopportando “grandi difficoltà”. Ciò, purtroppo, riguarda anche i lavoratori con esigenze specifiche.
Legge 68/99: la pandemia aggrava il quadro per le categorie protette
Lo scenario è abbastanza sconcertante, e la pandemia che stiamo tutt’ora vivendo ha solo fatto emergere un sistema già scricchiolante di suo. L’allarme viene lanciato da Marino Bottà, già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco, con un prezioso editoriale pubblicato su Superando.
Bottà ha realizzato una necessaria disamina sul quadro generale intra-Covid che ha portato le categorie protette difese dalla Legge 68/99 a essere meno tutelate – anche se prima appunto la situazione non era così rosea.
Ma cosa ha aggravato così tanto la situazione? Secondo Bottà, ci sono diversi punti che il Coronavirus ha semplicemente fatto risaltare in maniera chiara e coincisa:
- Il personale degli uffici competenti il collocamento mirato risulta scarsamente impreparato;
- La burocrazia degli uffici è eccessiva;
- Non c’è una reale consapevolezza e conoscenza dei bisogni dei lavoratori con disabilità;
- Manca una gerarchia competente regionale e nazionale.
La critica di Bottà è particolarmente ampia, e non riguarda solo i punti qui evidenziati, poiché un ruolo importante lo giocano soprattutto le aziende. Tuttavia il danno più grave, come si legge dall’articolo, riguarda gli Uffici Provinciali per il Collocamento, dove sarebbe diffuso un “atteggiamento reverenziale” nei confronti delle amministrazioni pubbliche, che comunque non rispettano gli obblighi per favorire l’inclusione lavorativa.
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Legge 68/99, cosa c’è da cambiare secondo la FISH Lazio
Appena la situazione pandemica cesserà di essere un gravoso problema per le nostre vite, andranno raccolti i cocci e migliorati problemi che il Coronavirus ha reso semplicemente ancora più evidenti.
Basti pensare al 5 luglio 2020, quando la FISH Lazio scese in piazza a Roma in occasione degli Stati Popolari per ribadire le difficoltà per una persona con disabilità di accedere al mondo del lavoro. Ai nostri microfoni, il vicepresidente Dino Barlaam aveva già posto l’accento su diversi aspetti, uno su tutti il bisogno di operare più a stretto contatto con le imprese.
Vale la pena sottolinearlo un’altra volta: siamo di fronte a contesti vissuti anche prima di questo sensazionale 2020. L’11 dicembre 2019, ad esempio, il Comitato Lavoratori Disabili aCapo organizzò una manifestazione sotto la Regione Lazio al fine di chiedere dignità e rispetto per 168 tra lavoratrici e lavoratori (tra normodotati e disabili) licenziati a causa dei numerosi appalti persi dalla Cooperativa sociale integrata aCapo (ex Capodarco).
Una volta raggiunto il sit-in, abbiamo parlato con Domenico Teramo del Comitato sopracitato, il quale ci ha svelato che mentre “i lavoratori normodotati sono passati a nuove società, quelli disabili non hanno trovata alcuna collocazione”. Il rischio quindi è che questi lavoratori non verranno più reintegrati nel sistema. Questo ci fa intuire che alcune problematiche emerse durante il Covid proliferavano ben prima della sua diffusione.
Legge 68/99: quale soluzione contro la pandemia?
Secondo Bottà, la soluzione per migliorare il contesto delle categorie protette è “ricominciare a costruire dal basso e non delegare”, oltre a migliorare la consapevolezza della cultura alla disabilità negli uffici preposti.
D’altro canto, però, anche il mondo della disabilità deve maggiormente attivarsi, ricercare l’opinione pubblica e sollecitare i mass media, gli attori più importanti per rilanciare determinate tematiche sociali.