Le aziende non saranno più obbligate ad assumere le categorie protette, tra cui i lavoratori con disabilità, durante il periodo di pandemia da Covid e solo in determinati casi. Lo ha stabilito il Ministero del Lavoro.
Categorie protette: sospese assunzioni obbligatorie
Come sappiamo, la Legge 68/99 sulle categorie protette disciplina anche le assunzioni obbligatorie in base al seguente schema:
- assunzioni categorie protette al lavoro pari al 7% dei lavoratori occupati da parte di un datore di lavoro con più di 50 dipendenti;
- assunzione di due lavoratori di categorie protette da parte di un datore di lavoro che possiede dai 36 ai 50 dipendenti;
- obbligo di assunzione di un lavoratore appartenente alle categorie protette nel caso in cui il datore di lavoro abbia dai 15 ai 36 dipendenti.
Tuttavia, con la circolare n. 19 del 21/12/2020 il Ministero del Lavoro cambia le carte in tavola – almeno per il momento – tenendo in considerazione la situazione straordinaria data dalla pandemia da Coronavirus. In particolare, come si può apprendere dalla nota, le assunzioni obbligatorie saranno sospese “per tutta la durata degli interventi di integrazione salariale per emergenza COVID – 19″ a favore:
- delle imprese che versino in situazione di crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione, procedure concorsuali tali da determinare il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 223/1991);
- delle imprese che abbiano stipulato contratti di solidarietà difensiva (ex art. 1 del decreto legge 726 del 1984, convertito, con modificazioni, dalla legge 863/1984);
- delle imprese che abbiano attivato procedure di mobilità (ai sensi degli art. 4 e 24 della legge 223/1991).
Leggi anche: Collocamento mirato disabili, come funziona
Grazie alla riforma degli ammortizzatori sociali, dunque, le aziende interessate da tale provvedimento sono quelle che si trovano in una di queste situazioni:
- riorganizzazione aziendale;
- crisi aziendale (a esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa);
- contratto di solidarietà (art. 21 del D.Lgs. 148 del 2015).
Nel corso del tempo, la causale è stata estesa, e oggi è riconosciuta anche nei casi di:
- ricorso al fondo di solidarietà del settore del credito e del credito cooperativo di cui all’art. 2, comma 28, della legge n. 662/1996, (risposte ad interpelli n. 38/2008 e n. 44/2009);
- imprese che assumono soggetti percettori di sostegno al reddito (circolare 2 del 2010);
- ricorso al trattamento di integrazione salariale in deroga (interpello n. 10/2012);
- ricorso al contratto di solidarietà ex art. 5 della legge n. 236/1993 (risposta ad interpello n. 10/2012);
- ipotesi in cui il datore di lavoro sottoscrive accordi e attiva le procedure di incentivo all’esodo previste dall’art. 4, commi da 1 a 7 ter, della legge n. 92/2012 (circolare n. 22 del 24 settembre 2014).
Leggi anche: Categorie protette e legge 68/99: difficile ripartenza per lavoratori