La cannabis terapeutica è una forma della piantina prodotto per uso medico. La normativa in Italia è stringente in merito al suo utilizzo
La cannabis terapeutica non è la cannabis, e non è identificabile neppure con quella destinata a uso ricreativo. Per capire nel dettaglio di cosa stiamo parlando, e cosa prevede la legge in Italia, bisogna fare chiarezza sull’argomento.
La cannabis è una pianta angiosperme a fiore appartenente alla famiglia della Cannabaceae, la cui altezza può variare tra gli 1.5 e i 6 metri, e deriva da piante di canapa. Al momento sono numerosi i dibattiti attorno la classificazione, che possiamo riassumere in due fronti: da una parte, c’è chi ritiene che esista un’unica specie, la Cannabis Sativa; dall’altra, c’è chi riconosce l’esistenza di 3 tipologie (Cannabis Sativa, Indica e Ruderalis).
Un altro argomento su cui c’è ampio dibattito sono i 2 chemiotipi, i cui valori di concentrazione possono variare: il CBD, che è molto importante per la canapa per usi agroindustriali e terapeutici; il THC, destinata a produrre infiorescenze e medicamenti.
La cannabis terapeutica è una forma di cannabis prodotta per scopo medico: per essere approvata, deve rispettare un determinato iter farmaceutico, proprio come accade per qualsiasi farmaco. Viene impiegata principalmente per contrastare numerose patologie, in particolare le malattie neurodegenerative.
Possiamo riconoscere questa tipologia di cannabis poiché la concentrazione di THC varia tra il 5 e l’8%, mentre quella del CBD varia tra il 7,5 e il 12%. Attenzione però: non possiamo parlare di una vera e propria terapia, bensì di un trattamento sintomatico di supporto rispetto a quelli standard.
La normativa italiana in materia di cannabis è particolarmente stringente. Basti pensare che tutto l’impianto legislativo si fonda su due punti:
Nel caso della cannabis terapeutica bisogna fare un discorso più approfondito. Dal 2006 i medici possono prescrivere questa tipologia di cannabis come “preparazioni magistrali contenenti sostanze attive a base di cannabis per uso medico”, spiega l’Associazione Coscioni. La coltivazione invece è permesse dal Testo Unico sopracitato, dietro però autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc.
Ci sono poi altre due date di notevole importanza. Dal 2007 importiamo dall’estero alcune tipologie di cannabis per uso medico (Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e Sativex), mentre dal 2016 viene prodotta anche in Italia dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. All’interno della struttura sono prodotte l’FM-2 (prima sostanza attiva a base di cannabis, contenente THC 5-8% e CBD 7,5-12%) e, dal 2018, la varietà FM-1 (con diverse quantità di principi attivi).
Nonostante l’esistenza di questo stabilimento però, c’è un problema: quanto viene prodotto non riesce a coprire la richiesta. C’è uno squilibrio tra domanda e offerta che non permette a chiunque, anche se provvisto di ricetta, di avere la cannabis terapeutica in tempi celeri o nelle quantità richieste.
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Il percorso per avere la prescrizione può risultare complicato, e non soltanto perché la domanda supera l’offerta. Intanto bisogna sapere che tale misura è disciplinata dalla Legge 94/98, nota anche come “Legge Di Bella” e dal DM 9/11/2015: sulla ricetta il medico scrive il tipo di cannabis, il motivo della preparazione e un codice alfanumerico al posto di nome e cognome.
Una volta superato questo step, il paziente deve trovare una farmacia che abbia disponibilità di cannabis a uso medico – servizio che non è così diffuso in Italia. In aggiunta, va detto che la rimborsabilità di questi medicinali non è univoca a livello nazionale, ma si basa sulla discrezione delle Regioni nel modo di legiferare su erogazione di “farmaci cannabinoidi” e patologie a cui è concessa tale agevolazione.
Ci sono due modi per assumere il medicinale:
La cannabis a uso medico è indicata a contrastare alcune patologie, e in base alla malattia può avere azioni diversi, come:
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Ultima modifica: 21/02/2022