Il cambiamento climatico, o crisi climatica, è un argomento di stretta attualità che riguarda la vita di tutti i giorni. Spiegamolo bene
Il cambiamento climatico, noto anche come crisi climatica, è sempre più un’evidenza da non sottovalutare. Gli attuali fenomeni climatici sono sempre più devastanti, estremi e frequenti, causando morti e conseguenze che le società non possono più ignorare.
Incendi, piogge torrenziali e le repentine variazioni climatiche sono sintomi di un quadro ancora più urgente da affrontare. Il mutamento climatico non si può più ignorare: ma per combatterli, bisogna conoscerli.
Per spiegare cos’è il cambiamento climatico, e quando possiamo parlare di crisi climatica, dobbiamo snocciolare alcuni dati diffusi dal WFF:
Grazie a questi numeri, possiamo introdurre alcuni concetti che ci serviranno per spiegare come si manifesta il cambiamento climatico e la differenza con il riscaldamento globale. Quest’ultimo infatti si riferisce al solo innalzamento della temperatura media sulla Terra, mentre i cambiamenti climatici sono l’insieme degli effetti dovuto al cambiamento climatico terrestre.
Di per sé elevate temperature (come il troppo caldo registrato nell’estate 2023) o le terribili alluvioni durante le stagioni mite (come accaduto nella primavera del 2023 in Emilia-Romagna) singolarmente non spiegano la crisi climatica, ma sono solo sintomi. Ciò che bisogna studiare invece sono le variazioni climatiche sul lungo periodo, che coinvolgono argomenti come i gas serra e i combustibili fossili.
A cos’è dovuta la crisi climatica? I cambiamenti climatici sono sempre esistiti, e possono avvenire in maniera naturale per via delle variazioni del ciclo solare. Tuttavia la comunità scientifica è concorde sul fatto che l’attuale crisi climatica è dovuta principalmente alle attività umane che influenzano il cambio delle temperature.
Come mai si parla di attività umane? Perché tutto dipende dall’uso e dalla produzione dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas, tra cui riconosciamo anidride carbonica, metano, ossido di azoto e gas fluorurati): di fatto, secondi i dati del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, la Terra oggi è più calda di 1,1°C rispetto alla fine del 19esimo secolo.
In particolare, il dito viene puntato verso l’aumento dei gas serra emessi nell’atmosfera, e in Italia l’uso dei combustibili fossili è addirittura aumentato: secondo i dati di Legambiente, nel 2021 stanziati 41,8 miliardi di euro per le fonti fossili, 7,2 miliardi in più rispetto al 2020. E nel mondo ha raggiunto livelli record: in base allo State of the Global Climate in 2022, rispetto ai livelli preindustriali, c’è stato un aumento dell’anidride carbonica di quasi il 150%, del metano del 262% e del protossido di azoto del 123%.
A preoccupare è la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, la quale provoca l’innalzamento delle temperature medie, causando più frequentemente conseguenze gravi: incendi, siccità, inondazioni, dissesti idrogeologici, diffusione di malattie, crisi agricole, estinzione di specie e flora. Basti pensare, come riporta il WWF, che nel maggio 2022 la media di concentrazione era di 420,99 parti per milione (non si registrava da almeno 650mila anni).
Ma come mai al centro della questione sono messi i gas serra e i combustibili fossili? Quest’ultimi generano appunto i gas serra che causano una variazione della temperatura media globale: restano attorno alla Terra trattenendo calore e innalzando le temperature.
Oltre a situazioni come l’uso della benzina per guidare un auto o il carbone per riscaldare un edificio, anche il disboscamento di terreni e le discarichi di rifiuti costituiscono un problema. In soldoni, le cause del cambiamento climatico possono essere sintetizzate in questo modo:
La conseguenza più evidente della crisi climatica è l’innalzamento della temperatura media della Terra, che interessa tutto il mondo attraverso effetti di portata catastrofica. Di fatto il cambiamento climatico porta alla presenza maggiore e frequente di eventi estremi dannosi per la natura, per gli animali e per gli esseri umani. L’Unione Europea ha individuato diversi tipi di conseguenze:
Secondo l’IPCC Sixth Assessment Report del 2022, in Europa ci sono 4 rischi:
Leggi anche: Ultima Generazione, la crisi climatica riguarda anche la disabilità: “Gli altri modi non portano molti risultati”
Per quanto gli effetti della crisi climatica ci sembrino lontani da noi, in realtà colpiscono ferocemente la nostra vita quotidiana, in particolare il mondo del lavoro. In base a un report dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’impatto dello stress termico determinerà un rischio per la salute dei lavoratori e cambiamenti negativi nella produttività.
La stima è pressocché feroce: lo stress termico produrrà in tutto il mondo una diminuzione delle ore di lavoro totali del 2,2%, il PIL globale perderà 2400 miliardi di dollari e ci saranno meno 80 milioni di posti di lavoro a tempo pieno in tutto il mondo. Tutti i lavoratori sono a rischio, ma in particolare i seguenti settori:
Tuttavia il lavoratore non è l’unica categoria sociale che rischia di subire i danni maggiori della crisi climatica, in quanto rientrano anche persone povere, minoranze etniche e donne. Questa dinamica è stata evidenziata da Oxfam attraverso gli hotspot climatici, cioè paesi dove l’innalzamento delle temperature è molto più veloce rispetto agli altri: parliamo di Afghanistan, Burkina Faso, Gibuti, Guatemala, Haiti, Kenya, Madagascar, Niger, Somalia e Zimbabwe. In queste aree, è stato registrato anche un peggioramento delle condizioni di vita, con 48 milioni di persone che soffrono la fame.
Come detto precedentemente, a oggi l’emissione di gas serra da parte degli esseri umani è la causa principalmente della crisi climatica. Ma quali sono i Paesi che inquinano di più la nostra atmosfera? Banalmente, quelli più industrializzati.
In base agli accordi di Parigi, bisognerebbe diminuire le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 per essere relativamente tranquilli e non superare un aumento delle temperature globali dell1,5°C, ma è abbastanza evidente che non tutte le Nazioni sembrano intenzionate a invertire questa tendenza.
In base a un’analisi de Il Sole 24 Ore, la Cina è il Paese che produce più emissioni (33% del totale nel 2021). Ma troviamo anche Stati Uniti d’America, India, Russia, Giappone, Corea del Sud, Iran, Canada e Arabia Saudita. Ma attenzione a pensare che sono gli unici Paesi a dover fare qualcosa, in quanto la crisi climatica va combattuta in maniera corale.
La comunità scientifica ritiene che le emossioni di gas serra devono diminuire (se non azzerarsi). Da una parte, è responsabilità di governi e aziende trovare le soluzioni migliori per proseguire una strada verso la salvezza del genere umano: nonostante quello che si dice, la Terra continuerà a girare anche con la crisi climatica, ad essere in pericolo è la sopravvivenza dell’essere umano.
Dall’altra parte però anche noi, nella nostra vita quotidiano, possiamo fare la differenza. Ma, appunto, cosa possiamo fare noi per il cambiamento climatico? Alcuni consigli:
Leggi anche: Ecoansia: cos’è, quali sono i sintomi e come si sviluppa
Ultima modifica: 24/07/2023