Da giovane lo chiamavano Der Spagnol (lo spagnolo) per via della sua carnagione olivastra. Non era mai stato bello: denti sporgenti,non arrivava al metro e sessantacinque, naso piccolo e arrotondato, una testa massiccia su due spalle ampie, goffo nei movimenti, una massa di capelli nero corvino e…usava sputare dappertutto. Ti presento Ludwig van Beethoven.
L’infanzia e i primi anni
“La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia. Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini.”
Beethoven nasce a Bonn, in Germania, il 17 dicembre del 1770 da una famiglia di umili origini; contrariamente a quanto si possa pensare dal nome infatti, la particella “van” non ha alcuna origine nobiliare ed il cognome “Beethoven” deriva con ogni probabilità dalla regione olandese della Batavia. Cresce in una famiglia di musicisti: il padre, secondo gli storici, era un cantante ed anche un ubriacone, la madre, donna umile ma giudiziosa e onesta, suonava il piano, così come le sorelle.
Ebbe 7 fratelli, 7 dei quali morti prematuramente ed anche per questo conosce la sofferenza sin da piccolo, temprando ancor più il suo carattere. Si avvicina alla musica da giovanissimo, ed il suo primo concerto si svolge quando Beethoven ha solo 7 anni. Quando suo padre lo porta nelle varie corti per farlo esibire, Beethoven rompe i pianoforti per il suo modo di suonare e di pestare i tasti (bisogna pensare che i pianoforti dell’epoca non erano resistenti come quelli odierni). Ha un modo di suonare tutto suo e le sue opere e se inizialmente sono influenzate da compositori come Mozart e Haydn, con il tempo diventano sempre più audaci e innovative.
Beethoven scrive musica secondo le sue esigenze espressive non secondo commissioni: per questo può essere considerato forse il primo artista della storia.
La storia di Beethoven in un video di AbilityChannel
Nella sezione di AbilityChannel “I disabili che hanno fatto la storia” di certo non poteva mancare un artista come Ludwig van Beethoven.
La nostra Giovanna Chicco racconta in un docu-video la storia della vita di Beethoven, gli amori, la malattia, la sua grande arte e le sue immense composizioni…
Il carattere forte
Tetro e sospettoso, convinto che tutti vogliano imbrogliarlo, certamente Beethoven non è ricordato per i suoi modi affabili o accattivanti. Dimentica sempre tutto, è sbadato, goffo, vive da scapolo in un mondo tutto suo in cui domina il caos e non c’è spazio nemmeno per servitori o governanti, che spesso non sono nemmeno disposti a tollerare il suo nervosismo.
La caratteristica peculiare che distingue Beethoven da tutti gli altri musicisti contemporanei o a lui antecedenti è che egli difende il suo essere artista con tutto ciò che ne deriva, primi fra tutti i suoi diritti. Poiché artista appunto, e quindi inventore, creatore, capace di dar vita qualcosa dal nulla, percepisce in sé stesso una certa superiorità, anche rispett0 ai re e ai nobili. Come disse ad un suo discepolo:
“Quel che ho nel cuore deve venire fuori e così lo scrivo”.
La sua malattia, la sua forza
Sarebbe forse più corretto parlare di malattie, al plurale. Perché come molti degli artisti che hanno fatto la storia, anche a Beethoven problemi di natura fisica sembra che non mancassero. Già intorno ai trent’anni infatti sostiene di avere difficoltà a capire le parole di una persona che parla a bassa voce. Per ascoltare gli attori a teatro è costretto a mettersi vicino all’orchestra e a causa dei suoi problemi di udito inizia ad isolarsi dal mondo che lo circonda, compromettendo molte delle sue relazioni sociali ed affettive. Costretto da sé stesso in un mondo nel quale era l’unico protagonista, i sintomi depressivi non tarderanno ad arrivare, tanto che nel 1802 tenterà persino il suicidio.
Passano gli anni e la sua sordità si aggrava, giungendo fino ad uno stato di completa sordità. Nonostante ciò il maestro continua a comporre, lasciando a noi posteri la sua ultima opera nonché uno tra i suoi capolavori più celebri: la nona sinfonia con L’inno alla gioia, del 1824.
Il compositore che nella musica “ci metteva il cuore”
Come riportato da Focus, tre ricercatori della University of Michigan e della University of Washington, tra cui un musicologo, un cardiologo e uno storico, hanno avanzato l’ipotesi che le composizioni di Beethoven fossero state influenzate letteralmente dal battito del suo cuore. I ritmi di alcune di queste infatti presentano dei ritmi e delle pause che ricordano l’extrasistole cardiaca, una forma di aritmia caratterizzata da un battito in anticipo rispetto agli altri. Come se i motivi ritmici di alcune delle sue opere fossero la trasposizione di quell’irregolarità del ritmo cardiaco di cui l’artista soffriva.
Tra gli esempi citati vi è l’Opus 81a, la sonata per pianoforte n.26 che nel movimento di apertura contiene delle pause importanti ed un ritmo galoppante e sincopato, che ricordano appunto le extrasistoli.
La vita sentimentale
Ed anche sul piano sentimentale, i commenti da parte dei biografi non sono mancati. Nonostante il suo “caratteraccio” ed i modi di fare burberi, Ludwig van Beethoven pare proprio che fosse un ruba cuori. In effetti dobbiamo ammettere che a noi donne un uomo di carattere che alle volte ci mostri anche la sua “durezza” virile non dispiace, suvvia.
Ma se dobbiamo parlare del suo primo amore, non possiamo che fare il nome di Giulietta Guicciardi, per lui anche musa ispiratrice e a cui dedica la Sonata per pianoforte n.14 conosciuta con il nome di Al chiar di luna.
Un evento importante nella vita sentimentale dell’artista è la scrittura della rinomata Lettera all’amata immortale. La destinataria, che forse rimarrà per sempre sconosciuta, è da riconoscere, secondo parecchi studiosi, in Antonia Brentano Birkenstock, moglie del senatore di Francoforte Franz von Brentano e che Beethoven conosce a Vienna tra il 1809 e il 1812.
La sua ultima opera
Con una genesi notevolmente complessa, la Nona sinfonia probabilmente affonda le sue radici nella lontana gioventù di Beethoven e nella sua intenzione di trasformare in note le parole dell’Inno alla gioia, celebre poesia del rinomato drammaturgo tedesco Schiller.
Essa costituisce un messaggio umanista e universale: attraverso la musica sono celebrati il trionfo della gioia e della fraternità universale sulla disperazione e la guerra.
Il 7 maggio 1824, a Vienna, Beethoven appare in pubblico dopo una lunga assenza eseguendo per la prima volta la sua “Nona Sinfonia” ritrovando così il grande successo perduto.
Qualche anno più tardi, cede ai mali che lo tormentano da tempo tra i quali la gotta, i reumatismi e la cirrosi epatica: il 26 marzo 1827 muore Ludwig van Beethoven, il primo vero artista della storia.