Il boicottaggio dei Giochi invernali di Pechino 2022 è più che una semplice suggestione: ecco chi vorrebbe fermare Olimpiadi e Paralimpiadi
Il boicottaggio (per lo meno diplomatico) delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Pechino 2022 (qui il programma) è realtà. Dopo diversi mesi di incertezza, alcuni Paesi in giro per il mondo hanno fatto la propria scelta: i Giochi invernali si faranno, gli atleti ci andranno, ma i funzionari no. Per lo meno, questa è la posizione di alcuni Stati, mentre altri hanno scelto di restare neutrali o di non schierarsi apertamente contro la Cina. Ecco gli ultimi aggiornamenti.
Il dibattito sul possibile stop delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Pechino 2022 è quanto mai sterile, ora la battaglia umanitaria punta a chiamare partecipanti al boicottaggio diplomatico, che consiste nel permettere agli atleti di gareggiare all’evento, ma impedisce a funzionari e politici del proprio Paese di prendere parte alle cerimonie. Ecco la lista dei Paesi che finora hanno dato il proprio benestare:
C’è chi invece ha dichiarato che non aderirà all’iniziativa:
A oggi sembra improbabile che i Giochi invernali di Pechino 2022 vengano cancellati per contrastare le violazioni dei diritti umani in Cina. Vero è che qualcosa si sta muovendo, e sicuramente nei prossimi mesi si alzeranno nuove voci contrarie alle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi. Tuttavia, c’è un ostacolo normativo abbastanza importante: l’articolo 50 della Carta Olimpica vieta qualsiasi manifestazione o propaganda politica, religiosa o razziale in luogo di interesse olimpico. Insomma, la partita è ancora all’inizio.
Le prossime Olimpiadi e Paralimpiadi invernali si terranno a Pechino (Cina) tra febbraio e marzo 2022, pochissimi mesi dopo l’edizione giapponese. Il Paese asiatico ospiterà i Giochi per la seconda volta, dopo quelli estivi di Pechino 2008: è la prima volta nella storia della competizione che una città ospita entrambe le edizioni.
Il fatto che nel 2008 i Giochi si tennero in Cina non creò molto scalpore, anche se all’epoca la nazione asiatica fu al centro di numerose critiche per le sanguinose repressioni a Menglian del 19 luglio 2008 e il sostegno al Sudan nel genocidio in Darfur. Episodi che fecero conoscere all’opinione pubblica internazionale la debole relazione tra Cina e rispetto dei diritti umani.
Inizialmente però questo approfondimento si rivelò velleitario, in quanto la manifestazione sportiva del 2008 si svolse senza particolari intoppi o prese di posizioni nette da parte di istituzioni e atleti.
Tuttavia quell’edizione fu la miccia di un percorso che oggi ha fatto esplodere una polveriera politica con il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Pechino 2022, poiché nel corso degli ultimi anni dalla Cina sono fuoriuscite notizie su gravissime violazioni dei diritti umani: tra le più note troviamo la sterilizzazione degli uiguri e l’internamento dei tibetani in campi rieducativi (che qualcuno chiama campi di concentramento).
Argomenti che, in occasione dell’assegnazione dell’edizione 2022 dei Giochi invernali alla capitale cinese, fecero scoppiare alcuni sit-in di piazza. Da sempre giornali, istituzioni e organizzazioni umanitarie hanno messo sotto accusa il governo di Xi Jinping, il quale a più riprese si è difeso parlando di disinformazione e menzogne.
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Visto che negli ultimi anni le notizie sulle violazioni dei diritti umani all’interno del Paese asiatico si sono intensificate, oltre 180 organizzazioni mondiali hanno pubblicato una lettera aperta per fermare i Giochi (e non solo diplomaticamente): “Il CIO si è rifiutato di ascoltarci nel 2008, basando la propria decisione sul fatto che [le Olimpiadi, ndr] si sarebbero dimostrate un catalizzatore per il miglioramento dei diritti umani. Come avevano previsto gli esperti di diritti umani, questa decisione si è rivelata estremamente sbagliata; non solo la situazione dei diritti umani della Cina non è migliorata, ma le violazioni sono aumentate sostanzialmente senza rimproveri“.
Come se non bastasse, si sono aggiunti i fatti di Hong Kong. Negli ultimi 2 anni l’ex colonia britannica ha subìto drastici cambiamenti nella propria dimensione politica e sociale. Prima la legge sull’estradizione (mancata) e poi la legge sulla sicurezza nazionale (in vigore) hanno determinato significativi contrasti di piazza, con il principale scopo di scardinare il rapporto “Un sistema, due Paesi” tra Cina e Hong Kong.
Al momento però le tensioni continuano a essere alte, anche perché la legge sulla sicurezza nazionale ha valore retroattivo, e ciò sta costringendo le organizzazioni e le personalità democratiche a sciogliersi o ad abbandonare il Paese. Lo sa bene Nathan Law, che nell’agosto 2020 dovette lasciare la propria patria e, nella sua prima uscita pubblica europea a Roma, denunciò le violazioni dei diritti umani da parte della Cina.
Al momento però un boicottaggio completo delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Pechino 2022 sembra impensabile. Lo stesso Comitato Internazionale Olimpico ha scelto la strada della neutralità, evitando di rispondere anche a domande dirette su quanto sta accadendo in Cina in materia di diritti umani. CIO ha scelto di non rispondere ad alcuna domanda riguardante le violazioni dei diritti umani in Cina.
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Il boicottaggio diplomatico è una forma di dissenso che permette agli atleti di tutto il mondo di gareggiare alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi sotto la propria bandiera, ma impone a funzionari e istituzioni governative di non recarsi nel luogo che ospita i Giochi. Nella storia situazioni simili sono capitate già altre due volte:
Infine vale la pena menzionare il Sudafrica, che dal 1964 al 1992 non poté partecipare ad alcuna manifestazione olimpica e paralimpica a causa della sua politica di apartheid.
Articolo in aggiornamento
Ultima modifica: 03/01/2022