Quanto ne sappiamo? Perché nella maggior parte dei casi mostrano sintomi lievi rispetto agli adulti? Scopriamolo
I dibattiti nazionali su scuola e università hanno riacceso il campanello d’allarme sulla relazione tra bambini e Coronavirus. Cosa sappiamo realmente? In che misura i bambini vengono contagiati? Quali sintomi sviluppano? Cerchiamo di rispondere a queste e altre domande valutando le ipotesi degli esperti.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità specifica che “i bambini e gli adolescenti hanno la stessa probabilità di infettarsi come qualsiasi altra fascia d’età”. Inoltre, possono diffondere la malattia.
Nel dibattito è intervenuto anche il Ministero della Salute, ricordando che i bambini “sembrano avere la stessa probabilità degli adulti di essere infettati, ma un rischio molto più basso di sviluppare sintomi o malattie gravi”.
In questo contesto, però, bisogna tenere in considerazione un altro dato: “Come per altre malattie respiratorie, alcune popolazioni di bambini possono essere a maggior rischio di infezione grave, come ad esempio i bambini in condizioni di salute già compromesse da altre patologie”.
Una delle opinioni più diffuse riguarda la diversa risposta immunitaria e l’andamento benigno dei bambini rispetto agli adulti. Ma non è l’unica. La redazione di Valigia Blu ha provato a rispondere portando in luce altre ipotesi:
I sintomi del Coronavirus sono simili in bambini e adulti. Quindi, tra le forme lievi, sono riscontrabili segni come febbre, tosse, sensazione di malessere, mal di gola, mal di testa e tosse. E, anche nei bambini, i casi possono diventare gravi.
Ci viene nuovamente in aiuto il Ministero della Salute: “Non è ancora chiaro il ruolo dei bambini nella trasmissione della malattia”. Perciò (e anche l’OMS lo sottolinea), ai bambini è raccomandato di fare uso delle misure di contenimento ormai note, come indossare la mascherina, lavarsi frequentemente le mani ed evitare il contatto con le persone malate.
In linea generale, si potrebbe dire che, visti i dati sui decessi, i bambini non hanno un ruolo nevralgico nella diffusione del virus. Tuttavia, sarebbe una frase inopportuna, in quanto sull’argomento ci sono più ombre che luci.
A oggi, infatti, non esistono ricerche scientifiche che specificano il peso e il valore dei bambini nella trasmissione del Coronavirus. In nostro aiuto torna Valigia Blu, che mette in una luce una ricerca abbastanza interessante.
Nel maggio 2020, il professore del Dipartimento di Epidemiologia Medica e Biostatistica del Karlinska Institute di Stoccolma (Svezia), Jonas F. Ludvigsson, ha pubblicato una revisione sistematica di 700 articoli dedicati alla trasmissione del Coronavirus su Acta Paediatrica.
Dalle statistiche emerge che solo una piccola parte dei bambini si ammala di COVID-19, raramente risultano essere il caso indice e difficilmente causano focolai. Tuttavia, ciò non ci dice in che misura trasmettono il virus.
Inoltre, lo stesso Ludvigsson ha sottolineato che i dati sulla carica virale erano scarsi, e dunque non totalmente certi. Un trend che accuma diverse ricerche sul Coronavirus: la penuria dei dati può aiutare a stimare un’ipotesi, ma non a confermarla del tutto.
Anche Il Post ha realizzato una lunga analisi cercando ci mettere a fuoco cosa dicono le ultime ricerche in materia.
In Germania, ad esempio, un gruppo di ricercatori ha notato che, in media, la carica virale del Coronavirus (cioè la quantità di virus presente in un organismo) è pari a quella degli adulti, indi per cui sarebbe contagiosi allo stesso modo. Si tratta comunque di un dato da prendere con le pinze, in quanto al 7 maggio 2020 risulta essere una ricerca in attesa di peer review.
Un altro studio citato è intitolato “Changes in contact patterns shape the dynamics of the COVID-19 outbreak in China”, di un gruppo internazionale di ricercatori (pubblicato su Science). Brevemente, sono saltati all’occhio tre risultati:
Dati e statistiche che, comunque, possono sicuramente aiutare gli Stati a decidere come e quando far tornare la società verso la Fase 3.
Il rischio di essere contagiati dal nuovo Coronavirus attraverso le lacrime dei bambini è reale, ma raro. A dirlo è il primo studio internazionale di oftalmologia pediatrica sul virus dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Il report, pubblicato sul Journal of American Association for Pediatric Ophthalmology and Strabismus, ha ottenuto questi dati studiando tra marzo e aprile scorso le condizioni di diversi bambini ricoverati al Centro Covid di Palidoro.
Sono stati coinvolti ben 27 bambini, tutti positivi al tampone naso-faringeo, di cui 3 (11%) “presentavano tracce del virus nelle secrezioni oculari, rilevato tramite un tampone congiuntivale”, recita la nota stampa. Inoltre, i ricercatori hanno rilevato che il Coronavirus sopravvive molto di dentro naso e bocca invece che nelle secrezioni oculari.
Ultima modifica: 22/06/2020