Autismo e scuola sono due argomenti connessi in maniera endemica. Il termine autismo indica un disturbo del neurosviluppo che ha una influenza notevole sul comportamento. Solitamente compare nei primi tre anni di vita e determina una alterazione della sfera emotiva.
Il bambino affetto da autismo non è in grado di avere interazioni sociali proficue e di comunicare idee o sentimenti. L’autismo diventerà una prerogativa del suo comportamento e lo accompagnerà nel corso di tutta la sua vita.
Il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) parla di deficit persistenti nella comunicazione sociale che partono da un semplice disturbo del quoziente intellettivo fino al ritardo mentale. L’autismo infatti non è una malattia unica: al suo interno troviamo per esempio la Sindrome di Asperger (poco invalidante) e forme di gravi disabilità verbali e intellettuali.
Autismo e scuola: in aumento il numero dei bambini affetti
La scienza non ha ancora individuato le cause dell’autismo. La medicina, al momento, propende per riconoscere un’origine multifattoriale. Le alterazioni genetiche, assieme ad altri fattori ambientali (biologici, esperienziali, psicologici) possono quindi contribuire a fare emergere una forma di autismo. L’autismo è presente in maniera omogenea in tutto il mondo in ogni popolazione e ambiente sociale. I maschi sono più colpiti (da 2,5 a 4 volte di più) rispetto alle femmine.
Negli ultimi anni, l’autismo nelle scuole è cresciuto in maniera considerevole: oggi i bambini autistici sono l’1% della popolazione scolare totale. In questo contesto, la scuola e gli insegnanti giocano un ruolo fondamentale e spesso decisivo. L’autismo infatti compare nei primi anni di vita e solo un insegnante attento può far caso alla comparsa dei primi segnali.
Autismo e scuola: materiale didattico e alcune strategie
Un bambino autistico non ha bisogno solo di un insegnante di sostegno e del materiale didattico, ma anche di una classe attiva che lo faccia sentire incluso. Per questo motivo, è importante che i bambini e gli insegnanti salutino il bambino appena entrato in classe.
Anche il contatto fisico di solito è molto importante (anche se adesso, con il Covid-19, è momentaneamente disincentivato e sospeso). Il bambino autistico insomma deve essere coinvolto nella classe al pari di tutti gli altri. L’inclusione, il rapporto con gli altri e i giochi fatti assieme aiutano il bambino a sentirsi parte di un gruppo.
I bambini che soffrono di autismo hanno i loro tempi e le loro abitudini: la cosa migliore da fare è assecondarli e capire il perché di loro alcuni comportamenti per anticipare eventuali reazioni eccessive di fronte a dinamiche “di gruppo”. In quest’ottica diventa di fondamentale importanza l’ausilio delle immagini, ovvero l’agenda visiva. Il bambino, attraverso questo strumento, è stimolato a utilizzare le proprie cose in autonomia.
Le Pecs (Picture Exchange Comunication System) svolgono un ruolo di primaria importanza perché descrivono, attraverso le immagini, situazione sociali semplici che aiutano a capire i comportamenti propri ed altrui in modo chiaro e semplice.
In questo modo il bambino viene indirizzato verso il comportamento giusto. In alcuni casi, il programma di rinforzo può prevedere l’utilizzo della Token Economy: il bambino riceve un premio (token o gettone) ogni volta che si comporta correttamente e una volta raggiunto il numero fissato, ottiene un premio finale.
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L’autismo nella scuola dell’infanzia
I primi segnali dell’autismo non sono facili da notare. Gli insegnanti possono fraintendere le attività solitarie e il silenzio per timidezza. Se il bambino invece continua a faticare a integrarsi, l’insegnante deve trovare la chiave giusta per affrontare la situazione con i genitori. Capita spesso infatti che i genitori non accettino questa situazione e che sviluppino sentimenti di negazione e rifiuto.
In questa fase delicata di “riconoscimento”, gli insegnanti e i genitori trovano un supporto notevole nello psicologo scolastico. L’Istituto Superiore di Sanità (che ha pubblicato una linea guida in merito alle nuove emergenze Covid-19) infatti segnala l’importanza di un intervento precoce per evitare l’aggravamento del disturbo e consentire al bambino di relazionarsi con i propri compagni.
Le forme autistiche nella scuola primaria
A partire dalle elementari, il problema diventa più complesso. Gli insegnanti (con il supporto degli psicologi ed eventualmente di altre figure di sostegno) hanno il compito di creare un percorso di studi e di inclusione che consente ad ogni bambino affetto da disturbo dello spettro autistico di progredire e acquisire conoscenza.
L’obiettivo non è solo quello di formarlo e insegnargli a sviluppare le proprie potenzialità ma di migliorare la qualità della sua vita. In Italia la legge prevede che ogni bambino affetto da autismo sia seguito da almeno un insegnante di sostegno ed (eventualmente) da altre figure professionali come educatori, psicologi e assistenti alla comunicazione.
Uno dei metodi più efficaci per combattere le forme di autismo è il metodo ABA (Applied Behavior Analysis), ovvero un’analisi approfondita e meticolosa dei comportamenti disadattivi del bambino dal punto di vista sociale. L’analisi e lo studio di tali comportamenti consente al bambino di migliorare il proprio grado di integrazione nel contesto sociale di riferimento.
Spessi i bambini autistici hanno solo un leggero ritardo nell’apprendimento rispetto ai loro coetanei e necessitano di “sezionare” le informazioni da acquisire in gruppi più ridotti. In questo modo, i bambini autistici riescono a raggiungere lo stesso grado di competenze e riescono a migliorare la loro capacità di apprendimento.
Il metodo ABA va continuato anche a casa: per questo motivo, è necessario che famiglia, scuola e terapista seguano un progetto di crescita e una strategia ad hoc condivisa, mirato e performante.
L’importanza del PEI
La scelta delle tecniche da utilizzare e delle strategie non è mai casuale ma è il frutto di una collaborazione intensa fra insegnante, terapista, educatore, psicologo scolastico, logopedista, psicomotricista e neuropsichiatra Infantile.
Spetta a loro il compito di stendere il PEI (Piano Educativo Individualizzato), il documento che la scuola redige in collaborazione con tutti i servizi che deve essere approvato anche dalla famiglia (famiglia, autismo e scuola devono sempre andare di pari passo).
Il PEI è un pilastro fondamentale nella crescita degli alunni con disabilità e viene redatto sulla base della diagnosi funzionale scritta dal neuropsichiatra infantile e sul profilo dinamico funzionale compilato dagli insegnanti.
Questo documento è esemplificativo di tutti i comportamenti del bambino nelle diverse sfere (scolastica, familiare, personale). Inoltre evidenzia le criticità e i punti di forza e sottolinea le potenzialità e i margini di miglioramento.
L’autismo nella scuola superiore
Rispetto agli ordini inferiori, autismo e scuola superiore è un paradigma più “positivo”. L’autismo nelle scuole superiori infatti ha un impatto sociale completamente differente. Le basi della didattica si si imparano nella scuola primaria e secondaria: i problemi di matematica, la lettura, la scrittura, la comprensione del testo, i concetti topologici e i colori sono argomenti essenziali che alle superiori si danno per assodati.
I PEI (Piani di Educazione Individuale) dei ragazzi disabili nei Licei infatti sono spesso con linea con gli obiettivi della classe. Questo perché la scelta stessa di un Liceo rispetto a un altro avviene in base al raggiungimento di certi parametri. Se un bambino affetto da autismo dimostra di avere una particolare difficoltà nell’apprendimento dei numeri, è difficile che diventi un alunno di un Liceo Scientifico.
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