Per parlare di Waybration bisogna fare un passo indietro nel tempo, precisamente nel 2017. Siamo al Maker Faire di Roma, convention nella quale diverse aziende presentano strumenti e ausili per disabili tecnologici in grado di migliorare la qualità della vita delle persone. Tra le tante, spunta un dispositivo che permette ai ciechi di praticare windsurf (e non solo) in totale autonomia.
Ausili per disabili: come funziona Waybration
È lo stesso Roberto Colella, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Bari, a spiegarne l’innovazione dal canale Youtube di Sanofi Italia. Una tecnologia che si basa sull’uso di “una centralina comunemente utilizzata nell’ambito della robotica e dell’utilizzo dei droni per fornire supporto ad un atleta non vedente tramite due cavigliere vibranti“. In pratica consegnano “all’atleta l’indicazione della direzione da prendere durante la navigazione”.
Gli fa eco il collega Antonio Petitti, spiegando che la centralina è stata riadattata per inviare segnali radio alle cavigliere vibranti. Una tecnologia che permette l’utilizzo di Waybration per altri sport d’acqua, come il Sup (Stand Up Paddle), la canoa o la vela.
“Sulla centralina impostiamo il percorso e quindi, in base a qual è la posizione dell’atleta, invia la direzione da seguire attraverso i segnali delle cavigliere. Se vibra a destra, devo pagaiare a destra, se vibra a sinistra, faccio lo stesso a sinistra. Se non vibra, significa che sto andando nella direzione giusta”.
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La componente più importante di questa innovazione risiede nel concetto di autonomia. Grazie a Waybration, infatti, la persona cieca potrà praticare windsurf senza troppi aiuti esterni. L’invenzione, dunque, assicura autosufficienza “per poter seguire una regata o anche solo per allenarsi”.
Esigenza, questa, germogliata da una semplice considerazione: “se l’accompagnatore non è performante come l’atleta, quest’ultimo deve abbandonare la regata, o se l’accompagnatore è impegnato, l’atleta non può allenarsi”.
Com’è nato Waybration?
Waybration nasce dall’incontro tra il ricercatore Colella e Matteo Fanchini, poliatleta cieco. Un’occasione perfetta per parlare della figura dell’accompagnatore e della necessità per uno sportivo di avere uno strumento che riconsegnasse anche solo un pizzico di autonomia.
Al momento, è stato presentato un prototipo “che ci consente di navigare in uno spazio aperto, libero da ostacoli”. E, per il futuro, un ulteriore obiettivo: “Organizzare una retata di atleti non vedenti autonomi, senza necessità di accompagnatori”.
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Fonte foto: Facebook helpinthecity.org