L'artrite reumatoide è malattia infiammatoria cronica autoimmune che si manifesta in genere tra i 40 e i 60 anni prevalentemente nelle donne
L’artrite reumatoide (AR) è una poliartrite infiammatoria cronica, autoimmune, sistemica e potenzialmente invalidante, che si manifesta in genere tra i 40 e i 60 anni prevalentemente nel sesso femminile. La condizione è dovuta ad una reazione anomala del sistema immunitario che, erroneamente, riconosce le articolazioni come strutture estranee dalle quali difendersi e quindi da attaccare.
Per questo motivo, può colpire polsi, mani, ginocchia, piedi, caviglie, spalle e altre zone del corpo. Essendo sistematica, può inficiare anche su cuore, polmone e reni. È una forma decisamente più rara rispetto all’artrosi. Di questa condizione abbiamo anche due forme rarissime:
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Sebbene sulle cause determinanti la malattia non ci sia ancora una completa chiarezza, non si hanno dubbi che l’artrite reumatoide abbia un’origine multifattoriale (ovvero sia determinata da diversi fattori).
L’anomala risposta autoimmune attivata dal sistema immunitario nei confronti delle articolazioni corporee è generalmente determinata da uno specifico elemento ambientale (fattore scatenante) e si verifica in quei soggetti che sono geneticamente predisposti allo sviluppo della malattia. La risposta autoimmune che colpisce le articolazioni determina uno stato di infiammazione cronica con conseguente dolore articolare. Tra i fattori scatenanti possibili si riconoscono:
Nonostante ciò, nel 2017 è stata fatta una scoperta sensazionale: un team di ricercatori italo-scozzesi, infatti, ha trovato la “molecola-interruttore” della patologia. Si tratta della molecola di RNA non codificante MiR34a, che nei malati di artrite reumatoide viene prodotta in quantità nettamente superiori alla norma già nelle fasi iniziali della malattia.
Tale molecola sarebbe responsabile dell’attivazione delle cellule dendritiche, a loro volta responsabili dell’attivazione della risposta autoimmune tipica della patologia nei confronti della membrana sinoviale.
Sicuramente il dolore articolare è tra i sintomi iniziali dell’artrite reumatoide. A essere colpite inizialmente sono le articolazioni di mani e piedi che, infiammandosi, provocano rigidità, tumefazioni ed ovviamente dolore andando incontro nel tempo a processi di calcificazione che compromettono in maniera irreversibile la mobilità e la funzionalità degli arti.
Sintomi come il dolore articolare, la tumefazione calda senza arrossamento e l’impotenza funzionale delle articolazioni sono correlati al ritmo biologico circadiano: ciò significa che la loro intensità varia durante il giorno accentuandosi maggiormente durante le prime ore del mattino. Tra le manifestazioni più frequenti della condizione quindi, ci sono:
Da segnalare l’aumento di valori ematochimici come la VES e la PCR.
Quando esiste il sospetto di artrite reumatoide, gli esami da fare sono diversi a partire dalle tecniche di imaging biomedico come radiografia, risonanza magnetica ed ecografia (è importante sapere che nelle prime fasi della malattia potrebbero non essere visibili riscontri).
Per ottenere una diagnosi certa di artrite reumatoide sarà poi necessario sottoporsi a test specifici come:
Secondo il criterio clinico ACR 1987 per poter formulare una diagnosi di probabilità di artrite reumatoide è necessaria la presenza di almeno 4 dei seguenti segni/sintomi:
In ogni caso sarà fondamentale rivolgersi al proprio reumatologo di fiducia affinché possa seguire la persona durante tutto il percorso diagnostico-terapeutico.
Iniziare il trattamento per l’artrite reumatoide il prima possibile consente di tenere sotto controllo i sintomi e facilita il recupero, seppur parziale, della funzionalità articolare. Anche in questo caso il piano terapeutico prevede la combinazione di vari elementi:
Negli ultimi anni la ricerca ha migliorato le aspettative di vita degli individui con artrite reumatoide. Basti pensare che alla fine degli anni Novanta una persona con tale malattia viveva in media 10 anni in meno rispetto a individui sani. Oggi, invece, grazie anche all’apporto della ricerca medica, la situazione è decisamente migliorata, ma resta comunque una malattia potenzialmente invalidante.
Di fatto, l’artrite reumatoide precoce comporta un danno anatomico importante, che può determinare quindi un’invalidità. Nel caso in cui intacchi la capacità lavorativa, è possibile richiedere qualche aiuto economico. Infine, nonostante il tasso di mortalità sia notevolmente sceso, possono comunque insorgere delle complicanze a livello cardiovascolare, che portano alla morte del paziente.
Ultima modifica: 15/03/2021