Senza Antonio Maglio oggi non ci sarebbero le Paralimpiadi. Senza l’incredibile legame con Ludwig Guttman non ci sarebbero le Paralimpiadi. Senza Maria Stella Calà non ci sarebbe la testimonianza vivente della nascita di un fenomeno che ha rivoluzionato la nostra società.
La storia del movimento paralimpico italiano ha radice molto profonde, e spesso la nostra società dimentica di dare credito a chi ne ha permesso la comparsa. Una fiction in onda su Rai 1 prova a rimettere ‘la Chiesa al centro del villaggio’, esaltando l’operato di personalità che hanno contribuito a un’evoluzione eccezionale del Bel Paese.
Maria Stella Calà racconta Antonio Maglio: “La sua missione era il recupero delle persone nella società”
La fiction di cui stiamo parlando è “A muso duro“, film che andrà in onda il 16 maggio 2022 alle 21:25 su Rai 1 e che pone al centro della storia la figura di Antonio Maglio, il cui lavoro è stato fondamentale per la nascita delle Paralimpiadi. Ma Antonio Maglio non è stato solo questo, in quanto ha ricoperto anche un ruolo nevralgico per la crescita sociale e culturale del nostro Paese. La conferma ci arriva dalla moglie, Maria Stella Calà, che abbiamo recentemente contattato telefonicamente per parlare della pellicola e di un incredibile pezzo di storia italiana.
Arriva il film “A muso duro” dedicato alla figura di Antonio Maglio. Quali sono le sue emozioni?
“Emozioni che non ho ancora metabolizzato. Ho visto in anteprima la fiction, sono rimasta colpita, ma ho metabolizzato i sentimenti che mi hanno procurato vedere quelle immagini, effettivamente antesignane. Non mi riferisco all’opera in sé, ma alla missione di Antonio Maglio: più vado avanti, più mi rendo conto di quanto lui ha fatto non solo per la cura e la riabilitazione del medulloleso, ma per il recupero della persona. Lui ha sempre considerato le persone con disabilità come persone nella società, con pari diritti: loro potevano fare tutto, compatibilmente con la disabilità avuta. In questo, lui è riuscito nel progetto.”
Nella storia d’Italia ricordiamo Antonio Maglio come padre del movimento paralimpico. Lui si è mai sentito così oppure si definiva in altro modo?
“No, Antonio Maglio era una persona umile. Umiltà e bontà sono state le sue caratteristiche, non ha mai cercato la gloria, non ha fatto ciò che ha fatto per la gloria, ma lo ha realizzato per le persone, affinché potessero tornare alla vita così come tutte le altre. È stata veramente una missione illuminante e lungimirante. Oggi, negli atleti paralimpici che scendono in campo, io ci vedo Antonio Maglio: è lui che ha cominciato tutto, avvalendosi dell’opera degli inizi di Stoke Mandeville.
Bisogna contestualizzare tutto quello che ha fatto nel momento in cui l’Italia stava rinascendo. E devo dire che lui ha centrato pure questo, la rinascita dell’Italia con la rinascita delle persone disabili. Anche lui ha contribuito all’economia del Paese affinché ripartisse, proprio perché ha inserito tutti in questo processo di rinascita, anche economica: una persona con disabilità che è autonoma, non solo fa felice se stessa, ma rende anche un servizio al Paese. E bisogna rendere merito a chi ha contribuito a questa missione. In base alla documentazione che ho tenuto e letto, devo dare merito al CONI, ma prima di tutto all’INAIL.
Antonio Maglio aveva in mente un progetto per pazienti che aveva visto a Palestrina, gli invalidi sul lavoro, che non si potevano muovere. Andò lì e un suo collega disse che quelle persone non si sarebbero più mosse, perché avevano una lesione al midollo spinale. Maglio non voleva lasciarli così, a letto, e dopo un giro di telefonate per capire cosa ci fosse in Europa, ha trovato il centro di Guttmann, dove lo sport era la palla medica. Loro furono grandi amici.”
Quindi il rapporto tra Antonio Maglio e Ludwig Guttmann non era solo di stima professionale, ma anche di profonda amicizia?
“Di profonda amicizia. Guttmann mi disse: ‘Signora, lei ha sposato il miglior riabilitatore d’Europa’. Testuali parole. Maglio ha costruito un suo progetto, una cura rivoluzionaria, una rieducazione funzionale e la sporterapia, rifacendosi a Guttmann. Inoltre nel 1959 propose a Guttmann di trasferire i Giochi di Stoke Mandeville a Roma in occasione delle Olimpiadi. Guttmann si chiedeva come fosse possibile, nel 1960, portare gli atleti a livello internazionale.
E comunque ci sono riusciti alla grande: l’Italia arrivò prima, ci fu un medagliere fantastico. Maglio ha fatto questo per il reinserimento della persona, come persona nella società. Mi chiedo sempre come abbia fatto. E ha fatto anche la terapia occupazionale: c’era l’officina per riparare le cose e la sartoria, e c’era un’orchestrina che si chiamava “I Maglio boys”. Ho addirittura la marcetta del centro paraplegici di Ostia, che è stata fatta proprio dai Maglio Boys. Inoltre c’è un inedito di Antonio Maglio, scritto e cantato da lui: che poi era stonato che peggio non poteva essere (ride, ndr).”
Si aspettava che Antonio Maglio avrebbe cambiato così tanto la società italiana?
“No, sa perché? Maglio lo conoscevo da sempre, abitavamo nello stesso palazzo, abbiamo circa una ventina d’anni di differenza. Solo che purtroppo è andato via prima lui, anche se gli dissi che dovevo andare via prima io, perché lui avrebbe fatto ancora del bene. Un suo collaboratore dell’INAIL mi disse: ‘Signora, lei ha sposato un Cesare, ma dovrà scoprirlo da sola’. Mai parole più profetiche di queste. Lui non ha mai cercato la gloria, non ha mai detto ‘Io ho fatto questo’. L’ho anche rimproverato per questo, gli dicevo che non si era fatto brevettare nulla. La sua risposta: ‘Sarebbero costate di più alle persone disabili‘. E se io gli dicevo che qualcun altro l’aveva fatto, lui rispondeva: ‘Ma non sono stato io’. Che persona era Antonio Maglio.”
Il film “A muso duro” produrrà una maggiore attenzione mediatica nei confronti di Antonio Maglio. Cosa spera che possa lasciare questa pellicola nelle persone?
“A quei tempi Antonio Maglio ha battuto il muro della disabilità. All’epoca le persone disabili stavano sul letto o erano nascoste perché le persone si vergognavano. Oggi, con tutto quello che è stato fatto, con gli atleti paralimpici che vediamo correre e onorare l’Italia come non mai è stato, mi aspetto che le persone riflettano molto bene su quello che Antonio ha fatto, ideato e promosso. Non dico che sia di esempio come figura, ma per ciò che lui ha detto, per il contenuto.
Questa è stata l’Italia, anche da un punto di vista educativo e storico, non lo possiamo dimenticare. Siamo spesso gli ultimi della classe, ma Maglio è stato visionario, riconosciuto dallo stesso Guttmann: ho delle lettere dove Guttmann afferma che le Paralimpiadi in Italia sono state fatte da Maglio, le ha cominciate lui. Tutta la comunità deve far tesoro di ciò che lui ha detto. Lui è stato uno che ha anticipato i tempi, era 40 anni avanti. Noi parliamo di cura e reinserimento sul lavoro e sociale, ma nel 1967 c’era uno schema da lui prodotto sulla rieducazione professionale degli infortunati. Ma si rende conto?
Vorrei che le istituzioni prendano atto di quello che occorre a una persona che fa parte della nostra società per essere considerata una persona a tutti gli effetti, con parità di diritti. Auspico che il lavoro di Antonio Maglio non vada dimenticato, come lo è stato per parecchio tempo, perché se non fosse uscito questo film… Tutto ciò serve per le persone e per il bene della comunità, c’è bisogno di fare promozione anche nelle scuole. Lui ha realizzato tutto l’iter per far sì che la persona potesse vivere una vita autonoma. Tutto questo deve avere un senso, perché se non ha senso… Anche il presidente della Repubblica Mattarella l’ha detto, proprio in ricordo di Antonio Maglio.”
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Intervista realizzata mercoledì 11 maggio 2022