Cosa si intende per antifascismo e perché è una parola che viene usata spesso verso il 25 aprile? Scopriamo cosa dice la storia
Quando parliamo di antifascismo, dobbiamo identificare due concezioni: da un lato, il termine si riferisce a un movimento specifico la cui morale, etica e cultura si oppone alle ideologie fasciste di tutto il mondo e il tutte le sue forme; dall’altro, se ci riferiamo solo al caso italiano, parliamo di movimenti eterogenei che si opposero al governo fascista di Benito Mussolini.
Per cui, cosa si intende per antifascismo? In linea generale, una serie di movimenti che si contrappongono fortemente al fascismo, o comunque a regimi politici autoritari che spesso sono caratterizzati dall’esaltazione della razza sopra l’individuo (come il nazismo). Di contro dunque, l’antifascismo sostiene la democrazia, la resistenza ai regimi autoritari, la difesa delle libertà civili e la salvaguardia della libertà individuale.
L’antifascismo in Italia nacque qualche anno prima che lo stesso fascismo prese il potere. Parliamo del Primo Dopoguerra, quando i movimenti fascisti nel Bel Paese erano all’alba della propria storia, negli anni della formazione dei Fasci Italiani di Combattimento (1919) e del Partito Nazionale Fascista (1921) fondati da Benito Mussolini.
Nel corso della storia fascista verso la propria affermazione nella scena politica nazionale, l’antifascismo crebbe come movimento di contrasto, soprattutto quando ancora vigeva la libertà di stampa e di espressione. Come ricorda Treccani, i principali esponenti venivano da gruppi liberali, Partito socialista, Partito Comunista, Democratici-liberali guidati da Giorgio Amendola e un gruppo del Partito Popolare italiano.
Tuttavia, a seguito del delitto Matteotti (1924), per il movimento antifascista fu complesso operare nella legalità all’interno del territorio italiano, visto che lo stesso regime istituì l’OVRA, l’Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo. Così alcuni rappresentanti migrarono all’estero, sedimentando poi questa cultura anche in Paesi come Austria, Germania e Francia.
In Italia invece l’antifascismo fu portato avanti dagli operai che avevano legami con il clandestino Partito comunista, il Partito popolare e alcuni intellettuali come Benedetto Croce. Questo dualismo, interno ed esterno, dell’antifascismo fu la base dalla quale nacque la Resistenza.
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Tecnicamente parlando, l’antifascismo non ha un’ideologia politica, ma semplicemente si contrappone a ciò che non è espressione di democrazia, e dunque ai regimi autoritari. Negli anni però questo termine è stato utilizzato principalmente come forma di contrasto ai regimi di estrema destra, mentre per quelli di altra matrice viene utilizzato il termine anticomunismo o antisovietismo.
All’epoca l’antifascismo poteva riconoscersi in varie forme. Innanzitutto nel movimento operario socialista, anarchico e comunista, che si oppose fortemente al regime fascista. A livello politico invece furono tutte le democrazie che si opposero all’asse Roma-Berlino-Tokyo, come Francia, Stati Uniti d’America e Regno Unito.
Le principali attività degli antifascisti consistevano nella propaganda contro il regime, nell’organizzazione di scioperi e sabotaggi, fino poi alla partecipazione attiva nella Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò poi culminò con la liberazione del Paese, avvenuta il 25 aprile 1945.
La bandiera più comune associata all’antifascismo è caratterizzata dai colori rosso e nero, ed è collegato ai gruppi AFA, gli Antifa. Generalmente il simbolo presente sulla bandiera è un cerchio riportante la scritta “azione antifascista”, accompagnata da una bandiera rossa e una nera, le quali rispettivamente si riferiscono l’orientamento socialista e libertario.
Nel corso degli anni sono state create diverse varianti, come ad esempio la bandiera nera in primo piano rispetto a quella rossa, atto a indicare quale dei due orientamenti è preponderante nel gruppo che sventola tale bandiera.
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Rispetto al passato, oggi l’antifascismo ha assunto nuove forme, soprattutto a livello sociale, dove le persone esprimono la lotta a qualsiasi forma di regime autoritario attraverso manifestazioni, iniziative, catene sui social media e giornate solidali, volte a contrastare la possibilità di un ritorno del fascismo nel nostro Paese.
Negli ultimi anni poi le forze politiche hanno spesso riacceso il dualismo tra antifascismo e fascismo, e il primo termine è diventato un simbolo di appropriazione delle forze di sinistra, volto a contrastare argomentazioni e ideologie di alcuni partiti della destra politica italiana che, in alcuni casi, si espongono in linea contraria allo stesso antifascismo.
All’interno della Costituzione Italiana vi è uno specifico rimando contro il fascismo, in particolare nelle disposizioni transitorie e finali: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.
Per quanto riguarda l’antifascismo invece, la nostra Costituzione non ne parla esplicitamente, ma è espressione stessa dei suoi valori. Ma come mai non vi è nessun riferimento diretto?
“Il motivo è che i moderati e liberali non volevano fare una legge storicizzata, fossilizzata nel passato – ha spiegato Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all’Università Roma Tre, a Pagella Politica -. La Costituzione è piena di solidi pilastri antifascisti, ma allo stesso tempo non si volle fare una Costituzione miope, che guardasse solo alle cose del momento. […] la nostra Costituzione è talmente antifascista e liberale che non ha paura del passato, pone principi contro ogni totalitarismo e, anzi, permette a chiunque di esprimere la propria opinione, anche la più antidemocratica. Tutto ciò è l’antitesi di ciò che è stato il fascismo”.
Ultima modifica: 22/04/2024