Gli anticorpi monoclonali sono prodotti in laboratorio e vengono già utlizzati in alcune terapie. Scopriamo perché se ne parla col Covid
Nelle ultime settimane molti Paesi nel mondo stanno approfondendo il tema degli anticorpi monoclonali in relazione alla pandemia da Covid come possibile terapia. Basti pensare che alcuni di essi sono già stati approvati negli Stati Uniti d’America, mentre l’Italia attende ancora di visionare risultati più confortanti. Facciamo il punto della situazione.
Gli anticorpi sono la principale difesa del nostro organismo contro qualsivoglia agente esterno, cioè gli antigeni (batteri, virus e così via). Tale risposta immunitaria è determinata dai linfociti B, cellule che appunto producono le nostre difese immunitarie, che neutralizzano e ostacolano l’antigene.
Gli anticorpi monoclonali (Monoclonal Antibodies o MAb) invece sono creati in laboratorio con tecniche di DNA ricombinato, partendo proprio dai linfociti B che vengono fusi con una cellula trasformata in maniera tale da essere capace di produrre anticorpi. Tale produzione serve per dare vita a una determinata affinità tra l’anticorpo monoclonale e un particolare antigene, in modo che l’agente esterno venga contrastato più facilmente, ottenendo così una veloce risposta immunitaria relazionata a uno specifico antigene.
In alcuni casi i MAb sono utilizzati nelle terapie di malattie oncologiche, autoimmuni e ematologiche come leucemie, artrite reumatoide, morbo di Crohn, psoriasi e sclerosi multipla. Oltre a ciò, possono essere impiegati come strumenti diagnostici, in quanto sono in grado di misurare la presenza di uno specifico antigene infettivo nel nostro organismo. Recentemente tale tecnologia ha dato alla luce il farmaco Aducanumab contro l’Alzheimer.
In base alla classificazione dell’ISS, esistono 5 tipologie di anticorpo monoclonale:
L’utilizzo degli anticorpi monoclonali non è quindi una novità, così come le reazioni. Troviamo:
Nei casi più gravi si riscontra anemia, emorragie e problemi cardiaci, polmonari e alla pelle.
Dagli Stati Uniti d’America fino ad arrivare in Europa. La strada per l’uso degli anticorpi monoclonali contro il Covid sembra spianata, eppure rispetto al vaccino ci sono ancora diverse sperimentazioni in corso. Vista la specificità di queste risposte immunitarie, a una lettura superficiale tali difese potrebbero essere utili come soluzioni abbastanza importanti.
Proprio per questo, al momento, sono allo studio una decina di anticorpi monoclonali nel mondo. Il più famoso è il policlonale (composto da più monoclonali, in questo caso casirivimab e imdevimab) REGN-COV2, prodotto dalla società Regeneron e noto per esser stato somministrato al presidente uscente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Di recente, la FDA (Food and Drug Administration) ne ha approvato l’uso emergenziale per pazienti con più di 12 anni d’età con lievi o moderati sintomi.
Un altro nome abbastanza famoso è l’anticorpo Bemlanivimab dell’azienda biotech canadese Ab Cellera e del gruppo Eli Lilly. Anche in questo caso, la FDA ha dato l’ok per l’uso emergenziale in pazienti a cui è stato diagnosticato il Covid-19.
In merito a questo anticorpo, sono state diffuse alcune voci in Italia secondo cui l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) si sarebbe opposta a un’offerta gratuita da parte del gruppo Eli Lilly. Accuse che la stessa Agenzia ha rispedito al mittente in una nota, specificando che si trattano di “affermazioni fuorvianti e prive di fondamento” in quanto l’ente “non ha mai ricevuto alcuna proposta di cessione gratuita”.
È vero però che ci sono stati dei contatti tra le parti: “In data 20 novembre l’azienda Eli Lilly ha presentato all’AIFA una offerta per l’acquisto del farmaco da parte dell’SSN”, spiega il comunicato. Al momento il via libera ancora non è arrivato in quanto l’EMA ha dato “un giudizio assai cauto” sull’approvazione di Bamlanivimab, ancora in fase 2 di studio. Serviranno “ulteriori dati a supporto” per giudicarne i benefici e i rischi.
Il prossimo anno dunque potrebbe essere un palcoscenico significativo per gli anticorpi monoclonali, come annunciato dal direttore scientifico dello Spallanzani di Roma Giuseppe Ippolito: “”Almeno 5 anticorpi monoclonali saranno sperimentati nel primo trimestre del 2021”. La cautela è comunque d’obbligo, in quanto la sperimentazione è solo all’inizio.
Finora si crede che l’anticorpo monoclonale sia un sostituto del vaccino, ma non è così: siamo di fronte a due strumenti particolarmente differenti. La distinzione sostanziale che intercorre tra i 2 protagonisti della battaglia contro il Coronavirus, infatti, risiede nella risposta immunitaria.
Gli anticorpi monoclonali donano un’immunità immediata ma non duratura nel tempo, cioè l’organismo non ricorda le informazioni utili per contrastare in futuro quel determinato antigene. Discorso diverso per il vaccino, il quale esorta proprio la memoria immunitaria del nostro organismo a ricordare l’antigene così da poterlo contrastare nel tempo.
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Ultima modifica: 04/07/2021