La malattia deve il nome al suo scopritore, il pediatra svizzero Guido Fanconi che la descrisse per la prima volta nel 1927; è importante distinguerla dalla sindrome di Fanconi, che invece rappresenta una malattia renale con rara incidenza.
Alcuni studi hanno dimostrato una prevalenza in popolazioni con elevata consanguineità, come alcuni gruppi ristretti ed isolati ed alcune popolazioni di montagna. In Italia oltre il 50% dei casi è stato rilevato in Campania, dei quali la metà in provincia di Benevento. A livello internazionale, la malattia presenta un’incidenza di un caso su 131.000 nati.
L’anemia di Fanconi è una malattia genetica trasmessa con eredità autosomica recessiva, ovvero entrambi i genitori devono essere portatori per avere un figlio affetto. Le cause dell’anemia di Fanconi sono rappresentate essenzialmente dal funzionamento anomalo di un gene, il quale danneggia le cellule e impedisce che venga riparato il DNA, nel caso di danni provocati da tossine. I geni difettosi sviluppano meccanismi per cui le cellule non si differenziano correttamente causando una condizione di aplasia midollare, cioè di insufficiente produzione di cellule ematiche nel midollo osseo, che può comportare leucemie e tumori. La ricerca scientifica è riuscita a mettere in evidenza 13 mutazioni genetiche che sarebbero implicate nell’origine della malattia, e di queste mutazioni, almeno una sarebbe legata al cromosoma x (cromosoma sessuale). Questo significa che la malattia viene trasmessa dalla madre ai figli maschi, che ereditano il cromosoma x con il gene alterato, mentre le femmine divengono portatrici sane e possono quindi trasmetterla, a loro volta, ai futuri figli. Per questo motivo la malattia è più frequente nei casi di stretta consanguineità e nei gruppi etnici isolati.
Il primo passo nella diagnosi di anemia di Fanconi è stabilire se si è affetti da anemia aplastica, la quale comporta una produzione insufficiente dei tre tipi di cellule ematiche. L’esame emocromocitometrico completo (CBC) è in grado di rilevare le caratteristiche degli elementi cellulari che compongono il sangue ed in particolare il numero, che risulta notevolmente ridotto.
Tramite l’aspirazione del midollo osseo è possibile valutare in modo diretto l’attività del midollo stesso. Se in seguito ad una prolungata inattività il midollo diventa solido e fibroso, attraverso l’aspirazione con ago da biopsia non verrà fuori nulla (alla temperatura del corpo il midollo è solitamente liquido). In questo caso si può procedere alla biopsia del midollo osseo, per conoscere la sua esatta condizione.
Se è stata diagnosticata l’anemia aplastica e il quadro clinico indica che esiste la possibilità di diagnosticare l’anemia di Fanconi, l’esame delle rotture cromosomiche rappresenta il test di diagnosi definitivo. Si tratta di un esame sofisticato che viene eseguito solo in pochi centri e che vede l’estrazione di cellule ematiche o epiteliali dal braccio. In seguito queste cellule vengono trattate con sostanze chimiche speciali che inducono la rottura dei cromosomi all’interno delle cellule. Nell’anemia di Fanconi i cromosomi si rompono e si ricompongono in forme peculiari.
I sintomi dell’anemia di Fanconi sono molto vari e gli organi ed apparati coinvolti possono essere numerosi:
Inoltre, poiché la malattia è caratterizzata da un’insufficiente produzione di cellule ematiche, possono manifestarsi altre condizioni patologiche che sono la diretta conseguenza di tale deplezione cellulare:
A volte si ricorre ad una terapia ormonale a base di steroidi, un tipo di trattamento indicato per chi non dispone di un donatore di midollo osseo. Le risposte sono positive, ma si tende a peggiorare con la sospensione dei farmaci.
Negli ultimi anni però, grazie alle continue e sempre più affinate ricerche in campo medico-scientifico, si è presentata una nuova possibilità terapeutica: il trapianto di cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale di un donatore compatibile.
Ultima modifica: 08/03/2020