Andrea Lanfri conquista l’Everest: “Salirò le vette più alte dei continenti”

Redazione:

Andrea Lanfri è il primo scalatore pluriamputato con meningite ad aver raggiunto la cima dell’Everest. L’atleta è riuscito nell’impresa alle 05:40 del 13 maggio 2022, insieme ala guida alpina Luca Montanari. Adesso il 35enne di Lucca si trova a Kathmandu, capitale del Nepal, dove si sta riprendendo dalle fatiche di questa incredibile impresa sportiva entrata nella storia. Già perché, come rivela al telefono alla redazione di Ability Channel, seguiranno altre scalate, vere e proprie avventure titaniche.

Ma prima, il Monte Everest. Quali sono le emozioni che hai provato una volta arrivato in cima all’Everest?

“La scossa di adrenalina e la grande emozione non le ho sentite proprio in cima, ma 200-300 metri prima. L’ultimo step prima della vetta è una serie di passaggi delicati su roccia, sapevo che era l’ultima fase, ma stavamo scalando (Lanfri e Montanari, ndr) di notte: quando alle prime luci dell’alba ho visto la cresta, ho pensato ‘Cavolo, ci siamo!’. Da lì è iniziata l’emozione, che ho un po’ istintivamente accelerato, rompendo il classico passo per correre in vetta. Lì però non si può correre, e così mi sono fermato 3 volte col fiatone, volevo arrivare velocemente in cima. Vedevo le bandierine della vetta, ma era come non arrivarci mai, anche se mancavano gli ultimi metri. In questi anni ho cercato di immaginare l’evento, come sarebbe stato quando sarei arrivato lì, e poi alla fine l’immaginazione non aveva nulla a che fare con la realtà, la vetta era diversa da come me la immaginavo. È stata una bella emozione, non mi sembrava vero.”

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Andrea Lanfri e Luca Montanari (Foto di Ilaria Cariello)

Eppure non sei nuovo a queste esperienze, hai già intrapreso scalate simili. Nonostante questo, ti sei sempre messo alla prova, cercando una nuova avventura sportiva. Questa tua tendenza a cercare nuove avventure è merito dello sport in senso stresso?

“Un po’ è nel mio, cerco di migliorarmi sempre di più. Anche quando facevo atletica non guardavo chi avevo accanto, ma il tempo. Ho sempre affrontato il peggior avversario, me stesso. E quindi nell’alpinismo non vedo la sfida nella montagna, anche perché la montagna non si sfida, si rispetta: cerco invece di superare me stesso. A ogni nuova avventura cerco il pezzettino in più che mi spinge ad andare oltre. Poi, in verità, io nasco con l’alpinismo e l’arrampicata, perché già a 8-9 anni facevo trekking, con le mie avventure di 2/3 giorni in montagna in zona Lucca. Crescendo con l’età, invece, è arrivata la malattia che ha tentato di fermare tutto ciò, ma che invece ha amplificato tutto. All’inizio non era facile praticare alpinismo o trekking, ma quando ho ripreso in mano la mia vita, la montagna è tornata prepotentemente dentro di me, e le sfide si sono sempre più alzate. Come ho scritto in un post sui social, più di 8849 metri non si può andare, ma in realtà ho altre sfide pronte e interessanti.”

Ci puoi anticipare qualcosa?

“Con questo progetto, My Seven Summits, che ho iniziato dalla montagna più alta, miro appunto a salire tutte le vette più alte dei continenti. A fine agosto ci sarà quella del continente africano, il Kilimangiaro, poi il Monte Bianco per l’Europa, che ho già scalato nel 2020 nel progetto “fivepeaks” insieme al paraclimber Massimo Coda, continuerò con il Monte Vinson del continente antartico, seguirà il Denali dell’America del Nord, Aconcagua dell’America del Sud e Puncak Jave e Monte Kosciuszko dell’Oceania. Le avventure continuano, non è finita qua.”

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Foto di Ilaria Cariello

A livello pratico, come si preparare un’esperienza sportiva di questo tipo?

“Come dico sempre, una persona biamputata come me si deve allenare 4 volte di più rispetto a una persona normale. È iniziata nel 2019, quando ho cambiato drasticamente allenamento: prima facevo velocità, allenavo reattività ed esplosione di energia. Quando tre anni fa pensavo all’Everest, decisi di cambiare, unendo bici, corsa in montagna, corsa lunga, maratone e nuoto, anche nella stessa giornata: la mattina bici e il giorno corso, e viceversa. Questo mi ha cambiato in maniera impressionante, e neanche io a volte ci credo perché, veramente, riuscire a pensare a quello che riesco ora e quello che facevo all’inizio del 2019… C’è tutto un altro mondo.”

In mezzo c’è stata anche una pandemia.

“Non è stata del tutto negativa. Inizialmente l’Everest era programmato nel 2020, poi non è stato possibile, ma nel frattempo ho avuto tempo per maturare una migliore tecnica di utilizzo delle protesi su ghiaccio e neve. Poi è nato il progetto, che mi ha allenato sia fisicamente che mentalmente: per me in montagna è 60% fisico e 40% testa. Stare via 2 mesi sempre in tenda, a volte rinchiuso a causa di freddo, vento e neve… Anche mentalmente bisogna essere allenati, soprattutto in alta quota, dove la notte non si dorme perché si respira male. Ci potevano essere tantissime problematiche, e ci sono state, alcune le ho superate, con le protesi ne ho qualcuna in più, ma in alcuni casi anche meno: per esempio non ho freddo ai piedi (ride, ndr).”

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Andrea Lanfri e Luca Montanari in cima al Monte Everest (Foto di Andrea Lanfri)

In questi giorni la tua storia è decisamente esplosa, in molti parlano di te come un campione di vita, citando la tua meningite. Tu come vorresti che venga raccontata la tua impresa sportiva?

Come un’impresa sportiva. Ciò che faccio, lo faccio in chiave sportiva. A me piace vivere la vita, utilizzo degli strumenti diversi, in carbonio e in titanio, ma il risultato è lo stesso. In montagna ero con il satellitare, non ho avuto modo di leggere le notizie.”

Ti spaventa la grande notorietà che sta arrivando tutta assieme?

“Affronterò questa cosa con semplicità e con il mio fare, non mi spaventa più di tanto. C’è una cosa che mi ha stupito, che non avrei mai pensato e per la quale sono rimasto di stucco: ieri (17 maggio 2022, ndr), nell’aeroporto di Kathmandu, c’erano 20/30 persone ad accogliermi, tra giornalisti e privati, che hanno seguito la mia avventura. Non me lo sarei mai aspettato. Questa folla all’uscita del gate arrivava verso di me, e mi sono detto: ‘Cosa vogliono da me?’ (ride, ndr)”.

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Andrea Lanfri e Luca Montanari in cima al Monte Everest (Foto di Ilaria Cariello)

Chi è Andrea Lanfri?

Andrea Lanfri è nato a Lucca il 26 novembre 1986 e nel 2015, all’età di 29 anni, viene colpito dalla meningite, a cui consegue una perdita di entrambi gli arti inferiori e di sette dita delle mani. In campo sportivo, si fa riconoscere per diverse imprese, come diventare il primo atleta italiano della storia a correre con una doppia amputazione nella categoria dei 100 metri piani. Nel 2017 invece approfondisce il legame con la montagna, iniziando dall’arrampicata libera e conquistando diverse vette in giro per il mondo, come il Monte Rosa e il Vulcano Chimborazo. Ha percorso anche il cammino di Santiago in bicicletta.

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Angelo Andrea Vegliante
Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.

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