La malattia di Alzheimer ha un inizio subdolo ed è la forma più comune di demenza senile. Scopriamo quali sono i sintomi e quali le terapie
La malattia di Alzheimer – conosciuta anche come morbo di Alzheimer – è una sindrome neurodegenerativa e una particolare forma di demenza senile. Per questo motivo non bisogna confondere tale condizione con la demenza senile, che racchiude a sé un numero diverso di patologie: per farvi capire, questo morbo rappresenta il 60-70% di tutte le demenze. In questa sede parleremo proprio della condizione che può causare deficit di memoria, problemi di linguaggio, disorientamento, confusione e molto altro.
La patologia prende il nome da Alois Alzheimer, il medico tedesco che ne descrisse i sintomi per primo nel lontano 1907. Nel dettaglio, fu un neurologo che notò segni particolari nel tessuto cerebrale di una donna morta in seguito a una malattia mentale. Di solito questa condizione colpisce le persone in età avanzata o anziane, spesso oltre i 65 anni d’età, ma sono stati registrati anche casi nei giovani, noti come Alzheimer a esordio precoce o Alzheimer giovanile).
La caratteristica tipica di questa condizione è che le persone dimenticano le cose, tanto da non riuscire neanche a riconoscere i visi dei propri affetti. Inoltre, possono avere necessità di aiuto quotidiano anche con le mansioni più semplici a causa della perdita delle funzioni cognitive. Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, la malattia di Alzheimer colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni. In Italia invece è stimato che ci siano circa 500mila pazienti con Alzheimer.
Al momento non conosciamo la causa principale che scatena questa sindrome, tuttavia gli esperti concordano sul fatto che l’origine possa dipendere dalla multifattorialità, in cui rientrano fattori genetici e ambientali, stile di vita e familiarità per la malattia. Anche la diagnosi è molto complessa, in quanto richiede numerose indagini per evidenziarla e può essere confusa con altre condizioni. A oggi non esiste una cura e, senza di esse, purtroppo l’aspettativa di vita è ridotta: dopo la diagnosi, la malattia potrebbe causare la morte del paziente tra i 3 e i 10 anni.
Come anticipato, l’Alzheimer non è la demenza senile, ma una sua tipologia. Ma allora come possiamo riconoscere i sintomi di questa malattia? Prima di tutto bisogna evidenziare che questa malattia può presentare sia segni fisici che neurologici. Ma andiamo con ordine.
Il morbo di Alzheimer è una condizione caratterizzata da un progressivo peggioramento della salute del paziente: per cui, anche gli stessi sintomi andranno ad aggravarsi giorno dopo giorno. Per questo motivo, sono riconosciute tre fase dei sintomi:
Oltre ai segni, con la malattia di Alzheimer possono emergere alcune complicanze, spesso associate a diversi disturbi, come:
Leggi anche: “Timeless” è l’app che combatte contro il morbo di Alzheimer
Come detto precedentemente, l’Alzheimer colpisce principalmente le persone in età avanzata, per lo più con più di 65 anni. Ma ci sono anche casi di Alzheimer giovanile, cioè la malattia può emergere anche in individui attorno ai 30 anni d’età. Ci sono comunque dei fattori di rischio che possono far emergere tale condizione:
A oggi non conosciamo quale siano le cause specifiche che determino l’insorgenza del morbo di Alzheimer, probabilmente a causa della complessità del cervello umano. Per ora, gli esperti concordano sul fatto che alla base della manifestazione della malattia possa esserci una multifattorialità, cioè più fattori che incidono sulla sua emersione.
In particolare, gli aspetti che la medicina sta indagando sono di tipo genetico, ambientale, familiare e di vita. Partendo dalla questione genetica, l’alterazione più importante che è stata notata riguarda la proteina APP, la proteina precursore di beta amiloide: a un certo momento, avviene una metabolizzazione anomala, creando una sostanza neurotossica (la betamiloide) che si accumula nel cervello, generando appunto la malattia. Un altro gene che viene studiato è l’APOE-e4, che si trova sul cromosoma 19, e riguarda la formazione dell’apolipoproteina E, e spesso la sua alterazione viene diagnosticata nei casi comuni di Alzheimer.
Per quanto riguarda invece ai fattori ambientali, possiamo parlare di traumi, esposizioni a sostanze tossiche (come l’alluminio e gli idrocarburi aromatici), l’invecchiamento e l’età, quest’ultimo il più noto di quelli sopracitati. Anche le persone con determinate condizioni pregresse, come il diabete di tipo 2, hanno maggiori rischi di sviluppare la malattia.
Esistono poi anche forme di familiarità ed ereditarietà associabili al morbo. In pratica, esisterebbe una generica predisposizione allo sviluppo della malattia, soprattutto quando molte persone di una stessa famiglia sono colpite dall’Alzheimer. La caratteristica peculiare delle forme ereditarie risiede nell’esordio molto giovane della condizione rispetto al dato comune (prima dei 65 anni).
È comunque necessario fare un disclaimer su due tratti tipici del morbo di Alzheimer. Ad esempio, le cause dei vuoti di memoria possono essere determinati da uno stile di vita composta dall’eccessivo consumo di alcolici o di sostanze stupefacenti, oppure a causa della bassa pressione, la depressione, il malfunzionamento della tiroide, i traumi cranici o determinati farmaci.
Infine, per quanto concerne la perdita di memoria, le cause possono riguardare le diverse patologie associate alla condizione: depressione, epilessia, ictus, intossicazione da monossido di carbonio, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, sifilide, emicrania e tumore al cervello.
All’inizio di questo articolo abbiamo evidenziato come diagnosticare l’Alzheimer sia un percorso complesso e tortuoso, e sintomi descritti poc’anzi lo dimostrano. Lo specialista deve tenere traccia di un numero impressionante di segni, oltre al fatto che determinare la causa generica nel paziente risulta molto complicato. Ovviamente, la diagnosi precoce risulta fondamentale.
Oggi lo strumento certo che può aiutare il medico a certificare la presenza della malattia è l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, che però è possibile solo a seguito della morte del paziente, visto che lo strumento richiesto è l’autopsia. Quando però la persona è viva, possono essere usati diversi strumenti:
Questi strumenti aiutano lo specialistica a una diagnosi di Alzheimer “probabile”, “possibile” o “certo”, che possono essere diversificate in base a determinati elementi:
Leggi anche: Informazioni sui test per la diagnosi precoce di Alzheimer
Generalmente al momento della diagnosi possono passare dai 3 ai 10 anni prima che un individuo con Alzheimer muoia. Tuttavia questa non è l’unica condizione che porta alla morte, in quanto tale patologia può determinare episodi che portano al decesso del paziente, come le infezioni o le cadute accidentali.
Questo articolo ha uno scopo puramente informativo, per cui non sostituisce il parere del medico. Eventuali decisioni in merito a trattamenti e terapie vanno discusse sempre con uno specialista.
Curare la malattia di Alzheimer è impossibile, in quanto al momento non esiste alcuna cura. A oggi le terapie esistenti puntano a lenire i sintomi, difendendo il paziente dalla progressiva perdita di memoria, e cercando di rallentarne la progressione. Per questo motivo, il ruolo più importante viene giocato dalla prevenzione:
Una delle domande più frequenti è come comportarsi con una persona con la malattia di Alzheimer. Dobbiamo:
Ovviamente, il consiglio principale resta quello di chiamare un medico specializzato.
Leggi anche: Si lavora al vaccino contro demenza senile e morbo di Alzheimer
Ultima modifica: 13/07/2023