Parlare di Alzheimer precoce significa affrontare una patologia che colpisce i soggetti fra i 30 e i 60 anni di età. Scopri di più
Parlare di Alzheimer precoce significa affrontare una patologia che generalmente colpisce i soggetti fra i 30 e i 60 anni di età. Il morbo di Alzheimer (che di solito colpisce oltre i 65 anni) è il punto di arrivo di una degenerazione del quadro clinico ed è fra le patologie più comuni.
Come dicevamo, esiste anche una piccola percentuale di persone in cui la malattia si manifesta fra i 30 e i 60 anni. Stiamo parlando di Alzheimer precoce e familiare (nel 60% dei casi, la patologia si manifesta a più componenti del nucleo familiare. A livello genetico, un figlio su due di un portatore/portatrice di Alzheimer ha probabilità di ereditare la malattia.
Tuttavia esiste una percentuale di casi in cui la manifestazione di questa malattia si verifica in soggetti più giovani, di età compresa generalmente tra i 30 a i 60 anni. Si parla in questo caso di Alzheimer precoce.
Le forme precoci dell’Alzheimer sono denominate familiari nel 60% dei casi, poiché la patologia si manifesta in due o più componenti dello stesso nucleo familiare. Nel 13% dei casi di queste forme familiari la patologia è determinata da una mutazione genetica presente già alla nascita, che viene trasmessa in modo autosomico dominante e ciò significa che il 50% dei figli di una persona portatrice di tale mutazione ha la probabilità di ereditarla ed esprimerla.
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Le cause dell’Alzheimer precoce non sono ancora state individuate. Ad ogni modo, la scienza ha trovato una correlazione a livello genetico in merito a due cromosomi: quello 21 e quello 14.
Il cromosoma 21 è responsabile della formazione della proteina precursore dell’amiloide. Questa conformazione alterata causa la formazione di placche senili all’interno delle strutture cerebrali. Nel 50% dei pazienti con Alzheimer inoltre è stata trovata una variante del gene 19 (ApoE-e4) che è stata indicata come un fattore di rischio genetico.
Aldilà dell’aspetto genetico, nel restante 99% dei casi la malattia è sporadica e poco prevedibile. Non esistono metodi di prevenzione mirati, l’unica cosa che si fa in questi casi è studiare la correlazione fra la patologia e l’alterazione del metabolismo della proteina precursore della beta amiloide (detta APP).
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Uno dei sintomi più evidenti dell’Alzheimer precoce è la perdita della memoria a breve termine: si fa fatica a ricordare un evento o una persona con una certa ciclicità. Non è una semplice amnesia, che può capitare a tutti e che può essere dettata anche dalla stanchezza.
Si tratta di una vera e propria incapacità di recuperare determinate informazioni. Tipico delle forme precoci è il mioclono, ovvero la contrazione improvvisa di un muscolo o di un gruppo di muscoli e la perdita della funzionalità esecutiva. In questo caso, il cervello non è più in grado di pianificare e organizzare azioni coordinate. Ecco gli altri sintomi (tipici in particolar modo dell’Alzheimer senile):
Vista l’importanza della malattia (e la degenerazione in termini di autonomia e autosufficienza) è necessario effettuare una diagnosi tempestiva e accurata. Non ha senso perdere tempo e rimandare, perché se la malattia non viene diagnosticata il prima possibile c’è il rischio che la vita possa subire un brusco, definitivo e inesorabile peggioramento. Per capire se una persona è affetta da Alzheimer precoce, è necessario avere il riscontro delle placche amiloidi e dei gomitoli neurofibrillari a livello cerebrale.
Per arrivare a queste conclusioni, è necessario un esame neurologico e una valutazione neuropsicologica del paziente. In questo modo (ovvero attraverso alcuni test) è possibile valutare se si ha a che fare con un caso di demenza senile precoce.
In alcuni casi, il medico può prescrivere un elettroencefalogramma, un esame del fluido cerebrospinale e una TAC (quest’ultima consente di diagnosticare malattie particolari come l’atrofia). Ultimi (ma non per importanza) i test genetici: al paziente viene prelevato un campione di sangue per poi procedere con l’analisi del genotipo APOE (che segnala le mutazioni genetiche dei cromosomi).
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Per curare l’Alzheimer precoce, bisogna seguire lo stesso approccio terapeutico che si usa per l’Alzheimer senile. Visto che si tratta di una patologia neurodegenerativa cronica, bisogna intervenire con farmaci e percorsi riabilitativi in grado di contenere e arginare la sintomatologia correlata. Gli interventi riabilitativi invece sono mirati alla sfera del comportamento e dell’emozione.
L’obiettivo è garantire al paziente un miglioramento delle condizioni di vita nella speranza di mantenere il più a lungo possibile la sua capacità di argomentare, pianificare e gestire la propria vita a livello organizzativo. Uno degli strumenti più utili sono gli audiolibri: il narratore produce tranquillità e incide sulle abilità cognitive e linguistiche in modo positivo.
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Ultima modifica: 16/12/2021