Alle paralimpiadi ha vinto otto medaglie d’oro, sei d’argento e una di bronzo! Dal 2000 è a capo del movimento paralimpico italiano, prima come presidente della Federazione Italiana Sport Disabili e poi come presidente del Comitato Italiano Paralimpico. E’ stato commissario straordinario della Federazione Italiana Giuoco Calcio, vice presidente del CONI, assessore allo sport del Comune di Roma e attualmente è vice presidente del comitato preposto alla canditatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Da poco ha ottenuto il riconoscimento per il Comitato Paralimpico come Ente pubblico.
Ma conosciamo più da vicino l’avvocato Luca Pancalli!
“Assolutamente si…io credo che ciascuna persona, con le proprie caratteristiche, l’una differente dall’altra, può manifestare forme di attraenza nella misura in cui poi riesce a comunicare qualcosa attraverso il suo modo d’essere. Sicuramente si può comunicare qualcosa essendo aperti, gioviali e comunicativi, ma se si ha la capacità si riesce a comunicare qualcosa di altrettanto importante anche con forme caratteriali magari più chiuse, più malinconiche e più riflessive. Io credo che l’attrazione per l’altro mondo, per il mondo diverso da noi, rispetto a quello che poi vogliamo comunicare, fa parte della nostra capacità e forza interiore che può esprimersi in diversi modi e attraverso diversi percorsi, ciascuno con le proprie unicità perchè poi l’uno è differente dall’altro ma che poi in qualche modo può arrivare anche agli altri, non è detto che una persona un pò più chiusa e malinconica, misteriosa e meno colloquiale, meno aperta e stravagante di per sè possa riscontrare dei limiti per comunicare con gli altri…”
Quindi anche l’autoironia può essere una forma di…
“L’autoironia, secondo me, è una grande virtù, è qualcosa che dovrebbe essere insegnata ai bambini a scuola perchè attraverso la capacità di ridere di se stessi, dei propri difetti e dei propri limiti o anche delle proprie sconfitte o difficoltà, secondo me rafforza la consapevolezza delle proprie forze che ciascuno di noi deve avere a prescindere da quelli che sono gli ostacoli che si incontrano nella propria vita. Credo che da questo punto di vista noi dovremmo utilizzare la capacità di ridere di noi stessi facendo capire ai giovani, a partire dalla loro formazione, che poi nella vita si possono incontrare degli ostacoli, si possono avere dei difetti, dei limiti, che possono essere caratteriali, di facilità dell’apprendimento scolastico, lavorativi…ma nello stesso tempo essere consapevoli di quello che uno può fare, per cui da questo punto di vista riuscire ad essere autoironici può rappresentare un valore aggiunto agli abiettivi che poi ciascuno di noi si prefigge”.
Riuscirò ad amare o ad essere amato…la scoperta della sessualità dopo l’incidente in Austria…la prima volta con Daniela…e allora?
“Un conto è vivere certe problematiche a 17 anni, quando si è giovani, nella fase dell’adolescenza o poco più grandi, un conto è viverle un pò più avanti nell’età, però alla fine certi interrogativi te li poni perchè chi come noi è assuefatto ad un modello, di essere uomo o donna nell’immaginario collettivo di una società che ci vuole sempre più prestanti, efficienti e veloci, nel momento in cui vive in una condizione alla quale attribuisce, almeno inizialmente e sicuramente erroneamente come è capitato a me, un grande effetto limitativo ti pone degli interrogativi anche dal punto di vista della dimensione della sessualità. E’ normale che è un conto avere 17, 18, 20 anni ed essere nel pieno della prestanza fisica e un conto è specchiarsi in una condizione completamente diversa per cui non corrispondendo più quella immagine riflessa nello specchio a quello che erroneamente era per me l’immaginario collettivo la dimensione di ciò che è normale rispetto a ciò che non lo è, mi ha indotto certi quesiti ed interrogativi che credo siano assolutamente umani e fisiologici, dopo di che con autoironia ho imparato a comprendere che l’amore è un’altra cosa, un pò come essere malinconici o non esserlo, essere smart o non esserlo, essere estroversi o meno, è qualcosa che nasce da dentro per cui anche la sessualità e il modo di viverla è qualcosa che ciascuno di noi impara ed apprezza al di là dell’esser normale nel corso della crescita. Per cui, quella prima volta che io ho raccontato nel libro, è stata una prima volta assolutamente naturale, bella come tutte le prime volte, anzi, forse ancor più bella, perchè era una prima volta che non immaginavo potesse essere vissuta con una ragazza così bella come lo era la mia compagna di allora che non immaginavo potesse interessarsi a un giovane ragazzo in carrozzina”.
E’ mai stato attratto da una donna in carrozzina?
“Si, assolutamente – confessa Luca Pancalli – Ho conosciuto delle bellissime ragazze in carrozzina, sia italiane che straniere, ce ne sono di splendide e bellissime…Da giovane “sono stato” con una ragazza in carrozzina e devo dire…una bellissima storia. L’attrazione prescinde dalla carrozzina, l’attrazione tra uomo e donna…è un fatto mentale…di alchimia…
In Italia, come in altri paesi latini la famiglia è importante, viene al primo posto, però talvolta l’amore quasi frenetico di una madre può essere devastante, almeno per quello che riguarda il futuro di un individuo…percepisco sua madre molto presente nella sua vita, che influenze ha avuto nelle sue scelte professionali e anche sentimentali?
“Nella vita non c’è nulla di peggio dell’arroganza e della presunzione…io so perfettamente di avere dei limiti caratterialmente e di averne fisicamente ma so anche di avere tante capacità e tante abilità, perchè io sono innamorato così dello sport e qui contravvenendo a quello che la mia famiglia avrebbe voluto per me dal punto di vista professionale, perchè dal punto di vista economico mi avrebbe portato sicuramente di più…mi sono dedicato così allo sport, perchè lo sport è la metafora della vita, di quella vita che poi io ho vissuto, una dimensione che ti insegna e ti fa capire tutto ciò che non puoi fare, che non potrò più saltare gli ostacoli come facevo prima, piuttosto che correre…ma mi fa anche capire tutto ciò che posso fare e manifestare al massimo della potenza attraverso lo sport”.
“La vita è tutto un ciclo, ci sono degli inizi e delle fini, come in tutte le cose. Anche la vita di un atleta è fatta di un inizio e di una fine e secondo me la capacità di un atleta è quella di capire quando è il momento di staccare la spina. Diceva Eduardo che un grande attore non si misura come sta in scena o entra in scena, ma da come esce dalla scena. Questa affermazione di Eduardo me la sono ricordato quando ero ad Atlanta perchè mi sono reso conto che quello che necessita per essere un grande atleta, cioè la totale corrispondenza tra corpo, mente e spirito io non l’avevo più, perchè forse il corpo era allenato, forse lo spirito c’è, se fosse per lo spirito nessun atleta smetterebbe di far sport, faremmo sport almeno a livello agonistico per tutta la vita, ma non c’era più la testa, la testa non era più concentrata su quella macchina che doveva rispondere ad una prestazione tecnica e agonistica. La testa era forse quella di un trentaduenne che legittimamente, fisiologicamente e umanamente, stava pensando a quella figlia che di lì a poco sarebbe nata e forse mi ero già proiettato nella seconda vita di Luca che era sempre una vita fatta nel mondo dello sport ma fatto in maniera diversa. Quando tu capisci che la macchina non è più sincrona rispetto a quello che deve rappresentare devi avere la capacità anche di staccare la spina. Oggi il rammarico di sapere che avrei potuto concedermi un altro pò di attività agonistica ad altissimo livello ma anche la gioia di averlo fatto nel momento della massima espressione agonistica e quindi con un uscita dal palcoscenico sportivo con grandi vittorie e grandi affermazioni”.
“E si è aperto il palcoscenico della famiglia…si apre il percorso per tentare di dare ai miei figli quello che io ho avuto dai miei genitori in termini educativi ed in capacità di trasferire quello che io ho imparato nel mio percorso di vita, sicuramente non semplice come quello di tanti altri di noi, e poi si è aperto quello della mia grande famiglia del mondo dello sport paralimpico al quale poi mi son dedicato. Mi continuo a dividere fra due amori, l’amore per la mia famiglia e i miei figli ma soprattutto l’amore per la mia famiglia sportiva che è fatta di tanti figli che abbiamo in giro per l’Italia…i bambini che continuo ad incontrare piccolini con delle disabilità, ragazzini con spina bifida, ragazzini con tanti altri problemi, che quando li vedo sorridere perchè magari riusciamo a mettergli un pallone in mano, farli giocare o fargli vedere i nostri campioni, da Martina Caironi, la Legnante, Alex Zanardi, Giusy, Sarri, Bebe…vedi i sorrisi e capisci come il concetto di famiglia poi si allarga…la famiglia del mondo paralimpico, della disabilità sportiva in generale, è una famiglia allargata che ha bisogno di noi…”
Che ne pensa dell’assistenza sessuale per i disabili?
“E’ un tema di quelli molto delicati sui quali spesso si ha pudore di confrontarsi. Mi ricorderò sempre alcuni anni fà, in un Maurizio Costanzo Show serale, ci fu una madre molto coraggiosa che raccontava delle necessità del figlio, con una grave cerebropatia spastica, che manifestava apertamente la sua virilità e le sue pulsioni sessuali e giustamente rivendicava il diritto alla sessualità per questo ragazzo. Io credo che ciascuno debba veder garantiti i propri diritti ma che non sono soltanto quelli sanciti dagli uomini nei codici e negli ordinamenti, ma anche quelli sanciti al netto di quelle che possono essere le convinzioni etiche o morali di ciascuno di noi, ma quelli sanciti dalla natura, per cui da questo punto di vista io credo che è delicato il tema ma è altrettanto corretto e giusto porselo per poter dare delle risposte”.
In qualità di avvocato lei scrive “il dolore e il parlamento”… avvocato Luca Pancalli, quando la vedremo difendere i diritti di tutti i disabili?
La cosa che la rende più vivo, più felice, in questo momento della sua vita…
Qualche breve ricordo…peccaminoso di quando era ragazzino, qualcosa di buffo, di piccante…Luca Pancalli com’era a 15 anni?
“A 15 anni ero un bravo ragazzino! Ero un malato di sport…a 15 anni ero un ragazzo serio…mi son guastato col crescere! A 15 anni mi svegliavo la mattina alle 5.30, alle 6.00 uscivo di casa, alle 6.45 ero qui a Roma all’Acquacetosa, entravo in acqua a quell’ora, uscivo dall’acqua alle 8.00, alle 8,30 arrivavo a scuola, facevo le mie 5 ore di scuola, uscivo di scuola alle 13.15 con un panino in tasca prendevo 4 mezzi e attraversavo Roma e mi allenavo fino alle 8 di sera all’Acquacetosa per poi recarmi a casa con un’ora di viaggio con i mezzi la sera. Tutti i giorni così perchè sognavo l’Olimpiade, sognavo di diventare un nazionale di pentathlon moderno, sognavo lo sport e devo dire che mia madre mi ha sempre detto: tu, dei tuoi fratelli, sei quello che più di tutti ho incentivato a fare sport perchè eri quello che poteva prendere brutte strade… A 15, 16 anni sono stato attratto…nell’epoca del liceo noi eravamo la scodata degli anni 70, sono stato più volte attratto dalla politica, da quella dura del liceo, io ero in un liceo molto politicizzato, qualche volta attratto per qualche bella presenza di una bella ragazza che si individuava nei collettivi, nelle assemblee fumose tra sigarette e spinelli che rendevano irrespirabile l’aria però poi lo sport prevaleva su tutto e forse mi ha tenuto lontano, forse sbagliando da una passione politica ma facendo bene rispetto ad altre disattenzioni nelle quali potevo cadere o sarei potuto cadere…”
Ultima modifica: 06/05/2020