Alessitimia, conosciuta come una mancanza di emozioni, è l'incapacità di riconoscere ed esprimere il proprio e l'altrui stato emotivo
L’Alessitimia indicherebbe una totale mancanza di emozioni e sentimenti, ma in realtà si tratta di una condizione più complessa di così, e la stessa definizione richiede un approccio decisamente più approfondito. In questa guida scopriremo cosa significa, quali sono i sintomi e le cause e perché ultimamente se ne parla tanto.
In base a quanto spiega Stateofmind, l’alessitimia è un termine che deriva dal greco “a” (senza), “lexis” (parola), e “thymos” (emozione), e descriverebbe appunto un individuo che non ha parole per descrivere le proprie emozioni. Più nel dettaglio però, si tratta di una condizione psicologica caratterizzata dalla difficoltà di riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui.
Questa parola fu introdotta agli inizi degli anni Settanta da John Nemian e Peter Sifneos, e quest’ultimo coniò il termine per indicare un disturbo nelle funzioni affettive.
A oggi sappiamo che i sintomi includono la difficoltà di identificare e descrivere le proprie emozioni, incapacità di differenziare tra emozioni e sensazioni fisiche e un’immaginazione limitata, con uno stile di pensiero orientato ai dettagli. Ma possiamo riconoscere anche lo scarso interesse per le questioni emotive proprie e altrui e incapacità di esprimere verbalmente i propri sentimenti.
E ancora, sono riconosciuti anche esplosioni di rabbia o pianto, senza però riuscire a definirne la causa, postura rigida e stili relazionali di forte dipendenza o di grave isolamento. Questo ci aiuta a comprendere anche che una persona alessitimica non è priva completamente di sentimenti e emozioni, ma si tratta di una carenza interpretativa degli stessi.
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Le cause dell’alessitimia sono multifattoriali, in quanto sono dovute a contesti familiari precisi oppure ad altre patologie: insomma, pò spaziare da fattori genetici o ambientali. Ad esempio, quando si cerca una causa specifica per comprendere un comportamento alessitimico, è necessario studiare il rapporto tra genitori-figli vissuto durante l’infanzia.
Se si viene cresciuti in un ambiente invalidante, carente affettivamente, con un evento traumatico e bassa relazione affettiva, il bambino crescerà come un adulto che è stato incapace di sviluppare la capacità di parlare con le proprie emozioni e con quelle altrui.
Tuttavia questa condizione può essere riscontrata anche nella sindrome di Asperger, nei disturbi di personalità, nel disturbo da stress post-traumatico, nei disturbi psicosomatici e in chi ha subìto lesioni cerebrali traumatiche. Può svilupparsi anche in caso di ansia, depressione, anoressia, bulimia e abuso di sostanze.
L’alessitimia può colpire chiunque, tuttavia – come indicano i sintomi – può essere facilmente sviluppata da chi ha avuto un’infanzia particolare, condizionata da carenza affettiva e invalidante, oppure che presentano determinate condizioni pregresse.
Inoltre l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (IPSICO) spiega che le conseguenze per una persona con alessitimia sono diverse, tra cui preoccupazioni ipocondriache e sintomi fisici di somatizzazione.
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Superare l’alessitimia richiede un percorso personalizzato, che può includere terapie focalizzate sul riconoscimento e sull’espressione delle emozioni, che devono essere gestite da un medico specialista.
Tutto ciò è necessario per permettere al paziente di avere maggiore consapevolezza sulle proprie emozioni, imparando così a gestirle. Tuttavia uno dei muri più invalicabili riguarda proprio la capacità da parte del paziente di avere la capacità cognitiva di rendersi conto della propria situazione, un lavoro spesso molto complicato che lo rende incline ad evitare il cambiamento.
Negli ultimi mesi il tema dell’alessitimia è diventato molto attuale nel caso di Alessia Pifferi, la donna di 38 anni accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, dopo averla abbandonata per 6 giorni da sola in casa nel luglio 2022.
Attualmente la donna è stata dichiarata capace di intendere e di volere, ma il suo ritratto psicologico sembrerebbe essere caratterizzato dalla condizione oggetto di questo approfondimento. Ad evidenziarlo è stato il perito del caso, lo psichiatra forense Elvezio Pirfo, il quale ha definito l’alessitimia come una “condizione psicologica che è come se ci facesse vivere dietro a un vetro, da cui non passano emozioni. Siamo schermati”.
Più nel dettaglio ha sottolineato che in Pifferi bisogna parlare di due aspetti: “da una parte la dipendenza e dall’altra la alessitimia”. La dipendenza però “non configura automaticamente il disturbo. Se si vanno a leggere tutti gli altri criteri, mancano. La necessità dell’accudimento, la necessità del dover essere protetta, credo che sia indiscutibile nella relazione soggettiva. Ma che questo automaticamente configuri quella condizione che noi chiamiamo disturbo, non è corretto”. E anche l’alessitimia “non configura di per sé una malattia”.
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Ultima modifica: 15/03/2024