Quali sono i test certi che ci aiutano a certificare una diagnosi di acondroplasia? Ne esistono 3, ma solo uno può confermare la malattia
Prima di sapere come si fa la diagnosi dell’acondroplasia, conosciamo la patologia. L’acondroplasia, nota anche come ACP, è una forma di nanismo, un’alterazione che determina uno sviluppo corporeo insufficiente: a non essere particolarmente sviluppati è la cartilagine di accrescimento delle ossa lunghe degli arti. A causa di ciò, la malattia è riscontrabile con gravi disturbi della crescita.
Una persona con nanismo acondroplasico non cresce in maniera regolare, e lo possiamo notare nell’altezza media degli adulti: negli uomini è di circa 130 cm, invece nelle donne è di 125 cm.
Diversi anni fa una diagnosi di acondroplasia richiedeva del tempo, in quanto bisognava aspettare la nascita dell’individuo. Oggi però non è più necessario: in linea generale la ricerca della malattia usa osservazioni cliniche e radiologiche, ma per una conferma certa si può utilizzare anche l’analisi genetica. Per questo motivo possiamo riconoscere tre modi di diagnosticare la patologia:
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La fase più critica di una persona con acondroplasia è l’immediata nascita o l’infanzia. Un’alta percentuale di nascituri infatti sopravvive solo pochi giorni e, in casi ancora più estremi, nasce morta. In caso di sopravvivenza, la vita di una persona con acondroplasia è piuttosto lunga, anche se nella media generale della popolazione risulta un’aspettativa di vita inferiore a causa della possibile apparizione di malattie cardiovascolari. L’altezza massima che un adulto con acondroplasia può raggiungere è 140 cm.
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Ultima modifica: 24/05/2021