L’abilismo è un paradigma culturale simile al razzismo e al sessismo e discrimina le persone con disabilità. Tale concetto presuppone che tutte le persone abbiano un corpo abile o “normale”, cioè che rientra nelle convenzioni sociali e culturali accettate dalla comunità.
Il termine deriva da “ableism”, coniato negli anni Ottanta nell’ambito dei Disability Studies, ma già diffuso negli anni Settanta in ambienti angloamericani e nordeuropei, mentre in Italia ha avuto una recente condivisione, anche grazie alla discussione del ddl Zan che, se fosse stato approvato, avrebbe comportato l’introduzione appunto di una legge contro l’abilismo.
Qual è il significato di abilismo?
Con la parola “abilismo” si indica un mondo pensato e costruito senza tenere in considerazione le persone che possono presentare impedimenti fisici, mentali o di altro tipo. Da ciò ne consegue che persone che non rientrano nel concetto di “normalità” vengono escluse dalla società, ghettizzate e discriminate perché non rispondono alla visione ordinaria delle cose, poiché “non abili”.
Si tratta quindi di una forma di discriminazione volontaria o involontaria, un vero e proprio paradigma culturale e sociale che non tiene conto del concetto di diversità. Ciò compromette anche il modo stesso con cui le persone con disabilità osservano se stesse, causando autocompatimento e accettazione dei meccanismi discriminatori. Questo certifica anche che siamo di fronte a una discriminazione sistemica.
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Come riconoscere l’abilismo?
L’abilismo ha svariate forme e può essere insito in diversi aspetti della società. L’esempio più lampante è rappresentato dalla barriera architettonica, che impedisce alla persona con disabilità di vivere pienamente la società. Ma ci sono forme ancora più sottili, che ancora oggi sono poco note, come usare il termine “104” per denigrare il prossimo.
Quindi da una parte questioni puramente strutturali, come l’accessibilità, dall’altra un piano concettuale, come l’utilizzo del linguaggio. In linea generale possiamo riconoscere come forma di abilismo:
- usare la parola “disabile” come offesa, insulto o denigrazione nei confronti di un’altra persona;
- rivolgersi a una persona con disabilità con pietismo ed esaltandola a supereroe solo perché vive la propria vita;
- usare un linguaggio denigratoria verso la disabilità della persona (“diversamente abile”, “costretto in carrozzina”, “nonostante la disabilità”);
- nel lavoro, non assumere una persona in quanto disabile;
- descrivere la persona prima per la sua disabilità e poi per il suo essere una persona;
- barriere architettoniche, parcheggi occupati abusivamente e rampe bloccate dal posteggio di auto;
- usare termini riguardanti la disabilità come offese (“104”, “down”, “ritardato”).
Un primo passo per sconfiggere l’abilismo è insito nel cambiare il concetto sociale secondo cui la disabilità sia un “accessorio” che renda migliori (supereroi) o peggiori (essere inferiori, non abili). Di fatto, essendo una discriminazione strutturale, bisogna cambiare la società dall’interno per far in modo di cancellare questo contesto.